PER ORA PREVALGONO INCERTEZZE E RINVII

Sanità in provincia di Alessandria

Ma non mi opporrò alle buone soluzioni solo perché proposte da altri.

L’integrazione tra ASL AL e ASO Alessandria rappresenta un obiettivo che, se non raggiunto, implicherà il deterioramento generale della qualità dei servizi socio sanitari. Per Regione Piemonte e per i due Direttori Generali la concretezza del rapporto tra le due aziende deve essere l’ossessione quotidiana. E’ complicato dimostrare ai cittadini quello che ho appena scritto ma tutti i professionisti sanno bene che solo la collaborazione può migliorare le condizioni della sanità in provincia di Alessandria e sanno altrettanto bene che, al contrario, è la competizione la modalità che ancora oggi guida molti processi decisionali. Tre anni fa avevamo proposto addirittura l’accorpamento tra Asl e ASO consapevoli che avremmo trovato lungo il percorso parecchie resistenze. A tutti è parsa una provocazione, e in parte lo era, ma volevamo dimostrare che la discussione doveva essere condotta proprio sull’efficientamento, e che l’alternativa all’efficientamento non poteva che essere una forte riduzione della presenza della sanità nel nostro territorio, in particolare quella pubblica. Non avevamo dubbi rispetto al fatto che sarebbero scesi in campo interessi a difesa dell’esistente, un fronte più o meno istituzionale di conservazione campanilistica che si è unito all’ignoranza e a precisi opportunismi (chissà se in alcuni specifici casi anche professionali) che con il bene pubblico non avevano nulla a che fare. Ora sono curioso di vedere la reazione organizzativa delle destre di questa provincia. L’assessore alla Sanità Icardi ha annunciato poche settimane fa la modifica alla dgr che regola la rete ospedaliera del Piemonte, bene, nessun pregiudizio da parte mia. Non farò opposizione alle buone soluzioni solo per il fatto che saranno proposte da altri. Ma non lascerò campo alle ipocrisie politiche e non mi piegherò ad un processo non mediato di privatizzazione. La discussione andrà condotta “a viso aperto”. In questo contesto andranno inseriti gli investimenti per il potenziamento o la piena operatività delle Case della Salute, a partire dalle esistenti e da quelle messe in cantiere, come è successo a Valenza. E proprio in questo contesto è possibile dare sostanza alle sfide più complicate perché sono da giocare nella dimensione nazionale, e riguardano il rapporto con il Governo e in parte con le Università: la prima è la copertura dei costi attraverso l’aumento del Fondo Sanitario Nazionale così da mantenere il carattere universalistico del sistema. La seconda è l’accesso al sistema sanitario di un numero adeguato di medici con le specializzazioni opportune. Mancano pediatri, mancano anestesisti, mancano medici ormai in quasi tutti i reparti, ora vengono a mancare in alcuni territori anche i medici di famiglia. La terza è la ricerca sanitaria e biomedica che merita attenzioni e risorse; in Alessandria può ancora rappresentare un grande volano per lo sviluppo economico oltre che per aumentare la qualità della cura dei pazienti. Ci siamo battuti non a caso per avere qui l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico ma il percorso non è terminato e va seguito con determinazione e a prescindere dall’opposizione o dalla maggioranza.  

E a proposito di efficientamento, torno con forza sulla questione – edilizia sanitaria – anche se da un punto di vista giornalistico capisco che non fa più “notizia”. Ma la verità va detta, va anche ripetuta: in questa provincia sono troppe e vecchie le strutture sanitarie. Nel mondo che funziona, e anche in tutto il resto del Piemonte, le rappresentanze economiche, sindacali e politiche hanno deciso da tempo di costruire nuovi ospedali al posto alcuni non più in grado di ospitare la sanità del futuro. In questa provincia la discussione non è nemmeno iniziata. Trovo del tutto inappropriato l’atteggiamento di parte della classe dirigente che nega il problema, al massimo lo vive con fastidio se non con distrazione. Qui da noi vengono organizzati molti convegni, compresi quelli ridondanti sulla logistica o quelli cadenzati annualmente sullo sviluppo turistico. Ma non si riesce nemmeno ad immaginare un solo momento di riflessione distante da interessi particolari sul futuro della sanità a partire dalle strutture ospedaliere non più idonee. E quando nei corridoi si infrangono i silenzi, i primi confronti vertono sul terreno dove costruire, che per alcuni è sempre fatalmente il primo interesse. Altro che la salute. Altro che avere il coraggio di approfondire le dinamiche che dimostrano chi sono i veri “generatori” delle lunghe liste d’attesa per le visite, per gli interventi chirurgici, per gli assegni di cura e per le integrazioni delle rette.