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(Pensieri festivi). La Sinistra divisa, tra contingenza e futuro.

Ma qualcuno davvero può pensare che di fronte ai problemi che la nostra società vive, di fronte all’avanzata delle destre, di fronte ai limiti dell’Europa (che resta il più grande sogno dei Padri nobili della nostra Repubblica) la sinistra possa permettersi il lusso di dividersi? Parliamoci chiaro in premessa: nel PD ci sono persone di Sinistra, e non per definizione astratta, ma per quello che hanno fatto con la loro militanza o con la loro storia amministrativa o per quello che vorrebbero ancora fare nel futuro. Per me, e per tanti come me, parole come Libertà ed Uguaglianza rappresentano uno stile di vita, non uno slogan per le campagne elettorali. E quelle persone sono di Sinistra e con coerenza nel PD avendo o non avendo sostenuto l’attuale segretario.

Sempre all’insegna della chiarezza, rispetto all’assemblea dei delegati di Mdp, Si e Possibile che darà vita a una lista unitaria alle prossime elezioni ammetto la mia sofferenza. E’ una sofferenza di fronte alle immagini di un popolo che si raduna attorno ad un progetto di Sinistra che vuole essere competitivo, se non alternativo, al PD. E la mia sofferenza si accentua ancor di più nel vedere salire sul palco a sostenere quel progetto uomini come Pietro Grasso, e altri come lui, perché per me hanno rappresentato e rappresentano riferimenti ideali nelle battaglie sociali e civili. Sì, la Politica è anche sofferenza ma la storia molte volte va oltre la contingenza per disegnare traiettorie inedite. Per questo io ho riguardo per l’iniziativa di Mdp, Si e Possibile e vorrei altrettanto riguardo da parte loro. Se la strategia li obbliga ad esprimere giudizi così negativi sul PD almeno abbiano cura delle persone del PD perché ad oggi nessuno è così lindo da potersi permettere la distribuzione di abilitazioni politiche particolari.

Ho detto che non giudico ma sono certo che la nuova lista unitaria rappresenterà un vantaggio per le destre italiane alle prossime elezioni politiche.

Guardo al futuro e resto convinto che ci sarà un “dopo”, non per forza un “dopo” elezioni 2018, ma un momento, più in là nel tempo, in cui gli attuali Partiti saranno inadeguati a contenere il desiderio di battersi per una società migliore. Una società che avrà bisogno di una sinistra non per forza del tutto unita ma almeno in grado di non dividere chi è, o vuole essere, coraggioso nell’affermazione dell’equità e della giustizia sociale.

Centro sinistra: prima una coalizione poi il leader della coalizione.

Ago e filo per individuare un nuovo terreno comune con medesimi valori e stesse priorità programmatiche.

Cerchiamo di capirci. Nel 2018 e nel 2019, prima con le elezioni politiche e poi con le Regionali e Amministrative, affronteremo il giudizio dei cittadini con leggi elettorali che avvantaggeranno le coalizioni. Questa verità non genererà un automatismo tale per cui tutti i partiti saranno costretti ad alleanze certe, tant’è che il Movimento Cinque Stelle di sicuro sarà un competitor autonomo. Per ragioni opposte la questione non riguarda nemmeno il centro destra siccome appare evidente che l’eterno Berlusconi non si lascerà sfuggire l’opportunità di vincere mostrando la fotografia insieme a Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Il tema da svolgere sulla coalizione riguarda il PD e tutto il centro sinistra. Ma con quali contenuti? Sì, i contenuti, perché le Primarie per il leader non rappresentano un contenuto. Prive di Politica le Primarie determinano solo un soggetto a capo di un cartello elettorale. Quindi prima del nome o dei nomi ripartiamo dalle idee, dal progetto che abbiamo per l’Italia e per L’Europa. Ripartiamo da un minimo comune denominatore di valori e di priorità programmatiche, questioni vere, che interessano i cittadini e che delimitano il campo comune delle identità per i Partiti della coalizione. In quel campo condiviso potremo muoverci in autonomia valorizzando le differenze che rappresenteranno un valore aggiunto non il limite delle incompatibilità. Dopo, solo dopo, decideremo insieme quale sarà il leader. Ad oggi io sono un iscritto del PD, un Partito che è dotato di uno Statuto poco chiaro in diversi articoli ma senza possibilità di interpretazioni sulla candidatura del segretario alla Presidenza del Consiglio. In quella coalizione il mio Segretario deve essere il candidato del PD alle Primarie di coalizione. Non ho dubbi. Ma è il mio Segretario che ci deve assicurare che può costruire le condizioni preliminari, cioè la coalizione elettoralmente competitiva fondata su valori e su programmi condivisi. Il punto vero è che Renzi da solo non basta: devono fare altrettanto gli altri Partiti della sperduta galassia della sinistra. A meno che gli altri Partiti della sinistra siano convinti che l’obiettivo è l’eliminazione politica di Matteo Renzi oppure che il PD non sia un Partito per alleanze a sinistra. Sarebbe una follia ma se così fosse…

Avremmo bisogno semplicemente di un Partito normale.

PD, Congressi di Circolo e Congressi provinciali. Più in là quello regionale.

 

Tra qualche settimana inizierà la stagione dei congressi di circolo e dei congressi provinciali del Partito Democratico. Quindi anche nella nostra provincia avvieremo le procedure per eleggere i gruppi dirigenti locali che avranno il compito non semplice di affrontare i passaggi politici per il prossimo quadriennio.

Gli iscritti saranno gli unici a potersi esprimere, vedremo nei prossimi mesi se verranno nuovamente utilizzate le Primarie aperte a tutti gli elettori per la scelta dei segretari Regionali, scelta prevista più in là nel tempo. Dico subito che sull’argomento – Segretario Regionale – la discussione non può essere svolta esclusivamente dentro le mura torinesi per di più solo tra soggetti della medesima componente politica. Per come si è aperto il confronto nelle schermaglie agostane, e se così dovesse proseguire, mi pare del tutto naturale immaginare una reazione segnata da candidature con caratteristiche differenti da quelle che i giornali riportano. Ma per questo appuntamento tutti abbiamo ancora del tempo e hanno del tempo anche quelli che dovranno essere più inclusivi se vorranno provare a vincere.

Non abbiamo invece molto tempo per decidere il da farsi nei Circoli e nelle Unioni provinciali. C’è un errore che non dovremmo commettere: la corsa al tesseramento, i pacchetti di tessere utili solo ad imporre un segretario funzionale a qualche progetto. E di solito i progetti in queste vicende non sono mai per i cittadini.

Per essere un Partito normale avremmo bisogno di un confronto politico serio sul futuro dei nostri territori. E’ un’occasione incredibile che non possiamo gettare al vento in quanto più interessati alle sfide muscolari tra filiere di dirigenti. L’occasione dei congressi è quella di un confronto sulle prospettive che riguardano le piccole e grandi questioni di interesse pubblico: posso fare un elenco, ognuno può fare il suo, di certo il PD dovrà posizionarsi nel dibattito sulla gestione dei rifiuti, sulla sanità, sul trasporto pubblico locale, sullo sviluppo economico, sul lavoro e su tanto d’altro.

In un Partito normale dovremmo dividerci su idee diverse per il futuro, non sulla scelta dei nomi che potrebbero garantire più tranquillità per il futuro delle prossime candidature.

Il 2018 sarà l’anno delle elezioni Politiche, e vedremo che capiterà e con quale legge elettorale; il 2019 sarà l’anno delle elezioni regionali e delle amministrative dove andranno al voto città come Novi Ligure, Tortona, Casale Monferrato, Ovada, e lì avremo bisogno di coalizioni competitive. Quello che voglio dire è che nell’approccio con quegli appuntamenti possiamo provare a cancellare il passato ma la verità è che veniamo da filotti perdenti di assoluto rilievo come le Amministrative 2016 di Torino, il Referendum del dicembre scorso e le Amministrative 2017 di Alessandria.

Per tornare ad essere vincenti alle elezioni non basta raddoppiare il tesseramento, non basta stringere accordi e “accordicchi” e non basta chiedere al mondo di girare sempre attorno agli stessi.

Facciamo attenzione perché quei metodi hanno i giorni contati; alla fine sono sempre gli elettori che decidono e per convincerli gli argomenti sono altri. Sta a noi riconoscerli.