Salute: l’occasione storica per la provincia di Alessandria

 

Dopo l’uscita dalle costrizioni del Piano di Rientro a cui era sottoposta la sanità piemontese a causa di scelte sbagliate e non in linea con i bisogni di salute dei cittadini, ora è possibile programmare per il futuro.  Uno degli ambiti fondamentali delle politiche della salute è quello della Ricerca. Esiste un Programma Nazionale di Ricerca finanziato con una quota pari al 1% del Fondo Sanitario Nazionale che definisce le priorità e l’allocazione delle risorse anche in base a sinergie europee ed internazionali. Vale la pena soffermarsi sul fatto che le risorse a disposizione appaiono non adeguate alle reali esigenze e sotto la media rispetto agli impegni economici dimostrati nel tempo dai Paesi più avanzati. Tant’è che quelle poche risorse a disposizione impongono alla politica indirizzi chiari per evitare inefficaci dispersioni. In questo contesto nazionale si inseriscono le Regioni che in base al non modificato Titolo V della Costituzione hanno competenza concorrente in materia. Per questa premessa, e per le nuove condizioni  in cui oggi il Piemonte si trova, è tempo d’aprire una fase di approfondimento con l’obiettivo di valutare un Piano Strategico Regionale della Ricerca Sanitaria e Biomedica. Quel Piano sarebbe utile a definire ed attuare Istituzionalmente una Politica per la Ricerca e a valutarne l’attività secondo parametri scientifici oggettivi. Ne scaturirebbe una relazione sistematica tra l’analisi dei bisogni, le priorità, l’allocazione delle risorse e le risposte che la Ricerca stessa potrebbe fornire limitando le richieste sporadiche in ragione appunto di un piano organico condiviso.  Ma insistono altre ragioni che mi inducono a sostenere e a promuovere un sistema per la Ricerca Sanitaria e Biomedica. La prima ragione è di ordine culturale e formativo  e riguarda sia le strutture in cui si sviluppa la Ricerca, per il prestigio che ne deriva, che per i professionisti, quelli affermati e i giovani da formare; mi pare evidente che si tratterebbe di un investimento per il futuro delle strutture e dell’ambiente in cui sono collocate e sarebbe l’unica modalità, per altro già sperimentata altrove, per essere inseriti nei circuiti internazionali. La seconda banale ragione è propria delle ricadute sanitarie. La terza ragione è decisamente economica, anche occupazionale e non solo nell’ambito sanitario. La promozione del patrimonio di competenze scientifiche e tecnicamente qualificate renderebbe appetibile il territorio per nuovi insediamenti o per collaborazioni ad alto valore aggiunto attirando investimenti privati.

L’università, le imprese le Amministrazioni locali e le Aziende Sanitarie Regionali possono essere protagonisti di un sistema locale in grado di dare un senso alla frase usata o deturpata troppe volte “ Un futuro migliore”, un titolo di un tema il cui svolgimento rappresenta l’essenza delle Politiche Pubbliche.

Per questo sono contento del percorso fatto fino ad ora in Alessandria. Molte volte, quasi sempre, per realizzare un progetto sono necessarie preliminarmente  l’ostinazione, la perseveranza e la continuità.

Qui non sono mancate. Secondo i documenti del Piano Nazionale di Ricerca ciò che manca nel nostro territorio sono gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico. Sono certo che la provincia di Alessandria e le sue strutture hanno le carte per essere riconosciute tali per l’evidenza scientifica fino ad ora riscontrata, per la bravura dei nostri professionisti e perché qui ci sono state e ci saranno ancora condizioni ambientali che hanno sviluppato patologie non guaribili ma che hanno convinto tutti noi a reagire. Penso all’amianto e al mesotelioma.