LA DESTRA AL GOVERNO, LE MINORANZE CONFLITTUALI E IL GRANDE BISOGNO DI CORAGGIO.

  • Nel giorno d’inizio della fase congressuale del PD metto a disposizione una brevissima riflessione.

Oggi è il 7 novembre e, secondo le tempistiche dettate dalla direzione nazionale del PD, si apre la “fase di ascolto” con l’opportunità di partecipare al dibattito anche per i – non iscritti – al partito. Dopo una serie di appuntamenti, le cui date sono ben definite nel regolamento, il congresso del PD si concluderà il 12 marzo 2023 con le Primarie per eleggere il segretario nazionale. Con giusta moderazione rendo pubbliche le mie preoccupazioni e le mie aspettative. Dovremmo aver chiaro che viviamo al tempo della destra al governo del Paese, una destra forte perché non è solo un’alleanza politica ed elettorale vincente ma anche perché interpreta e rappresenta sogni e speranze di una parte molto significativa della società italiana. Detto questo, mi pare una conseguenza del tutto ovvia l’analisi sulle ragioni che hanno portato Giorgia Meloni a presiedere il Consiglio dei Ministri. Nella sostanza, Fratelli d’Italia è il partito che nella coalizione di centro destra ha saputo meglio della Lega e di Forza Italia interpretare quei sogni e quelle speranze. Gli oppositori possono, anzi, devono esprimere contrarietà al progetto che la destra intendere perseguire ma non devono omettere il fatto che lo stesso progetto corrisponde al pensiero liberale e centralista diffuso in Europa, più moderato ma in linea con gli obiettivi dei Paesi del “gruppo di Visegrad” e che ha cardini sociali solidi, molto solidi. Quindi, non ci stupiscano i primi provvedimenti sui rave party, sui migranti, sul reintegro dei medici no vax, sul ritorno al nucleare. Ciò di cui dovremmo stupirci, al contrario, è la conflittuale frammentazione, a volte, se non l’inerzia, altre volte, delle minoranze, come se in palio non ci fossero i destini dell’Italia ma la conquista degli spazi delle riserve minoritarie. Per questo, ribadisco, pur in minoranza, ci si arrovella sulla modalità più convincente per togliere voti gli uni agli altri. Noto anche la genialità innovativa con cui ci si divide, addirittura sulle piazze per la pace o sulle candidature preventive alla presidenza delle Regioni che andranno al voto nel 2023, Lazio e Lombardia su tutte, quasi che non fosse chiaro che l’unico modo per vincere contro questa destra è tentare di unire le differenze uscite sconfitte a settembre per trasformarle in un’alleanza prima politica e poi elettorale.

Nel frattempo, come ho detto, si è aperta la “fase di ascolto” nel PD. Capiamoci bene: se dobbiamo fare un congresso per avere un partito in grado di ridare prima o poi a qualcuno il ruolo di Ministro o di garantire la settima e l’ottava rielezione a chi, siamo onesti, potrebbe dare consigli anche seduto da casa, allora lasciamo stare. Se invece il congresso viene svolto per adeguare il partito alle nuove sfide che i cittadini, le famiglie, le imprese hanno di fronte, ebbene allora iniziamo ad ascoltarci, a riconoscerci, a condividere. Ma serve una massa enorme di coraggio. Bisogna avere la tempra giusta per abbandonare i porti sicuri e per mettersi in mare aperto verso nuove destinazioni. L’ultima volta, quando la nave sembrava affondare, alcuni elettori del PD hanno avuto l’impressione che gli uomini tentassero di salire sulle scialuppe di salvataggio prima delle donne e dei bambini. Facciamo così, non era vero, è stata un’impressione sbagliata. Ma in ogni caso, più che concentrarci sull’importanza dei destini dei singoli, in premessa, prima di ogni cosa, dobbiamo capire se abbiamo a disposizione la nave giusta per solcare questi mari in tempesta.