NOI E PILLON

Non basta dire NO per gli effetti del DL Pillon. Dobbiamo dire No per le ragioni che lo hanno generato.

Sabato 10 novembre ho partecipato al dibattito organizzato o promosso da diverse associazioni alessandrine sul Disegno di Legge 735 che, nel caso di separazioni, regola diversamente l’affido condiviso, il mantenimento diretto e la garanzia di bigenitorialità; il DL porta il nome del primo firmatario, il Senatore Pillon.

Il dibattito ha permesso di esaminare i possibili effetti della proposta grazie al contributo di alcune eccellenti professioniste che hanno maturato negli anni esperienze importanti. Dalle relazioni abbiamo potuto capire, per esempio sulla mediazione famigliare, che si vuole modificare l’articolo 706 del codice di procedura civile. Nella sostanza con il DL 735 si prevede che una coppia con figli minorenni che voglia separarsi debba intraprendere obbligatoriamente un percorso di mediazione familiare, prima che il caso arrivi davanti a un giudice “a pena di improcedibilità”. Con la mediazione affidata a soggetti privati iscritti all’apposito albo si dovrà arrivare alla condivisione di un “piano genitoriale” per una gestione condivisa dei minori. Il piano dovrà definire i “luoghi abitualmente frequentati dai figli”, la “scuola e il percorso educativo del minore”, le “eventuali attività extrascolastiche, sportive, culturali e formative e le “vacanze normalmente godute”.

 

La mediazione affidata a privati secondo molti esperti implicherà un aumento considerevole delle spese per chi vorrà divorziare o separarsi. Infatti solo la prima seduta sarà gratuita, tutte le successive sono a pagamento. Parliamo di migliaia di euro. Inoltre anche le vittime di violenza domestica saranno obbligate a ricorrere alla mediazione con il coniuge violento.

Altro elemento di contrasto è il tema della parificazione del tempo trascorso con i figli e il piano genitoriale. Il piano genitoriale stabilisce in maniera rigida la durata di tempo che i minori dovranno passare con ciascuno dei genitori e il tipo di attività che i minori dovranno svolgere in questo tempo. Questo presupposto appare molto rigido e lontano dalla realtà con il rischio di aumentare i contenziosi tra i genitori e portare all’apertura di nuove fasi di mediazione con un ulteriore dispendio di denaro. Inoltre il minore non potrà più scegliere con quale genitore risiedere e come trascorrere il tempo, perché anche le attività saranno stabilite dal piano genitoriale. Il minore non potrà esprimersi ed essere ascoltato e, di conseguenza, da soggetto di diritto si trasformerà in un oggetto di diritto.

Pillon con la sua proposta prevede anche l’abolizione dell’assegno di mantenimento con un’equa ripartizione delle spese ordinarie e straordinarie in proporzione al reddito e in base a quanto stabilito dal piano genitoriale, concordato con il mediatore. Senza accordo decide il giudice. Tale punto contiene una serie di stereotipi di genere, cioè lascia intendere che le madri usino i soldi del mantenimento dei minori a scopi personali. Il provvedimento introduce anche una norma per il mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente. Il DL dispone che il mantenimento in questo caso sia ripartito tra entrambi i genitori al 50 per cento, anche se il figlio abbia deciso di vivere nella casa di uno dei due genitori.

Infine, con particolare interesse, ho ascoltato la relazione della Presidente di Medea, l’associazione che si occupa di donne vittime di violenza, e ho registrato tutte le sue preoccupazioni circa la potenziale, e in alcuni casi concreta possibilità che donne e minori possano essere quasi per nulla tutelati dal padre violento.

Voglio precisare una questione che trovo significativa in questo dibattito che mi vede schierato contro il testo del Sen. Pillon. Sono le storie che conosco sommariamente (in taluni casi non sommariamente) di padri che sono stati vittime di ingiustizie infinite. Che sono stati accusati irragionevolmente di atti infami e che hanno dovuto affrontare e superare vicende giudiziarie da imputati per poi uscirne da innocenti. Conosco storie di padri che sono stati rovinati economicamente, ridotti alla povertà, che amano i loro figli e che soffrono maledettamente per non poterli vedere. Io voglio che si tenga conto anche di loro in questo dibattito e che si lavori per costruire un sistema più giusto.

Infine, per dare un senso alla mia azione, io non posso e non voglio limitarmi all’analisi sugli effetti. Il compito della politica, più in generale, il compito di chi ha responsabilità sociali, è anche quello di approfondire le ragioni delle cause. Cioè il motivo, la cultura, il pensiero da cui trae origine il testo. E il mio punto d’osservazione non può non tener conto della fonte da cui si alimenta. Il Sen. Pillon è il leghista che organizza il Family Day e che ha dichiarato più volte pubblicamente che vuole mettere in discussione i cardini su cui si poggiano due leggi in vigore da tempo in Italia: quella sul divorzio e quella sull’aborto. Per questo sabato mattina ho voluto provocare una discussione sincera dicendo che nel “contratto di governo”, a cui spesso gli esponenti dell’attuale maggioranza si richiamano, cioè il documento con il quale Lega e M5S hanno definito i progetti della loro alleanza, è presente il contenuto generale del disegno di legge Pillon: equilibrio tra entrambe le figure genitoriali e tempi paritari; mantenimento in forma diretta senza automatismi; contrasto della cosiddetta alienazione genitoriale.

A viso aperto la Destra nazionalista sostiene queste posizioni. A viso aperto sento d’essere in posizione ostinatamente contraria.