Il carcere

Sono intervenuto in Aula sulla relazione del Garante dei detenuti on. Bruno Mellano e ho colto l’occasione per esprimere alcuni giudizi e per soffermarmi su alcune vicende.

La premessa è nelle parole di Voltaire “Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando le condizioni delle sue carceri” che mi inducono a pensare che l’Italia è un Paese in continua emergenza considerato che non abbiamo da troppi anni una politica in grado di affrontare con una prospettiva di medio e lungo termine la situazione delle carceri. Alcuni dati: più di 55 mila detenuti ristretti nei 193 istituti di pena, fra questi 1/3 stranieri, in particolare dal Marocco, dalla Romania, dall’Albania e dalla Tunisia. Abbiamo migliorato il dato dell’affollamento nelle celle ma siamo sempre piazzati male, molto male, nelle classifiche europee circa i costi del sistema; impressionante il dato dei suicidi, circa 1 alla settimana, e critico quello della percentuale del personale non solo della Polizia Penitenziaria per il reinserimento dei detenuti nella società. Mi preoccupano particolarmente le problematiche strutturali dei 13 edifici piemontesi: da uno studio tecnico presentato recentemente sarebbero necessari circa 7 milioni di euro per il rispetto delle norme e per adeguare l’esistente alle esigenze minime. Ebbene, risultano essere  a disposizione per ciascuno degli istituti, non più di 10 mila euro, quindi il nulla.

Sui problemi del personale, in particolare della Penitenziaria, i mezzi di informazione hanno avuto modo di raccontare i disagi degli ultimi anni; sono assegnati in Piemonte 3463 soggetti in pianta organica ma in verità sono stati assegnati 2532 addetti di cui molti non utilizzati per distacchi, malattie, ferie o altri incarichi. Insomma, il sistema avrebbe bisogno di nuove assunzioni in tempi rapidi per evitare problemi anche nel garantire la sicurezza.

Di particolare interesse sono i problemi della sanità. Vale la pena sottolineare che mancano dati epidemiologici e molti servizi non sono garantiti. Inoltre è emerso che nel carcere, oltre a non essere garantito sempre il diritto alla cura, il rischio di ammalarsi è elevatissimo. Così come d’interesse è il lavoro come strumento di recupero: 16250 lavoranti di cui solo 2771 impegnati all’esterno delle mura in lavori socialmente utili con imprese, cooperative e Amministrazioni Pubbliche. E’ provato che l’aumento dell’impiego esterno garantisce un reinserimento sociale più efficace e diminuisce il rischio di recidiva.

Infine, ho voluto porre l’accento sul tema dell’ergastolo ostativo con le parole di Gaetano Silvestri,  Presidente Emerito della Corte Costituzionale: “  Non è una pena di morte, ma una pena alla non vita, una condanna perpetua ad essere privato della propria natura. Una siffatta condizione pone l’individuo in una situazione talmente deteriore da compromettere il valore supremo della dignità della persona. Lo spirito di vendetta non ha copertura costituzionale”.

Stiamo parlando di oltre 1100 ergastolani che non avranno mai, perlomeno fino alla morte, la possibilità di uscire dal carcere e non potranno mai godere di alcun beneficio nemmeno grazie alla buona condotta. Mi sono permesso di porre questo tema non per “buonismo” che, come sanno le persone che meglio mi conoscono, non mi appartiene. L’ho fatto nonostante la consapevolezza che in tempi di terrorismo internazionale e di perdurante aggressività delle organizzazioni criminali di stampo mafioso la reazione popolare, più che comprensibile, non può che essere sfavorevole.

L’ho fatto perché esiste un piano etico e giuridico, fattore che tiene fede ai valori posti a base della nostra civiltà. Mi interessa uno Stato giusto, che vale molto più di uno Stato moderno.