I sassi dal cavalcavia

Ho letto oggi sugli organi di stampa la notizia della conclusione dell’indagine il cui esito avrebbe portato ad individuare i colpevoli del lancio di un sasso da un cavalcavia sul’A26 che ha colpito sul parabrezza un autocarro diretto verso Genova e che fortunatamente non ha provocato eventi drammatici.

Sarebbero due ragazzini di 15 anni residenti a Castellazzo Bormida, un paese di 5 mila abitanti dove anche io abito. Vi sono buone ragioni che mi induco a scrivere alcune riflessioni che nulla hanno a che fare con l’attività della magistratura; una ragione tra le tante riguarda la morbosa ricerca dei nomi , dei cognomi e dei volti di quei giovani che hanno commesso quel maledetto errore. Affermo con chiarezza che trattasi di un errore non giustificabile, pari ad una follia. Non esistono altri commenti, c’è poco da aggiungere, se non che quella follia meriterebbe una profonda analisi estesa alla società in cui viviamo, non solo ai due soggetti.

Convinciamoci di un fatto: non basta individuare i colpevoli. Sarebbe fondamentale individuare le ragioni di quel gesto che vanno più in profondità rispetto alle apparenze e ben oltre i nostri giudizi.  Questi sono figli della nostra società, non sono solo i figli di un padre e di una madre che in queste ore immagino vivranno con sofferenze e sensi di colpa. Sì, una società che sa essere solidale ed inclusiva ma anche ostile, ingiusta ed instabile. Una società molto più fragile di un tempo che ha perso la certezza delle sue agenzie formative e non solo lo smarrimento della famiglia che educava, proteggeva, reprimeva con indulgenza. Nella confusione dei nostri tempi diventa tutto più complicato, anche distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.

Non so cosa accadrà ora ai due ragazzi, immagino li attenda un percorso di consapevolezza che è più facilmente percorribile in solitudine, senza commenti, senza giudizi ulteriori.