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Subito un reddito di inclusione sociale per 1,5 milioni di famiglie.

Cosa chiedere al Governo Gentiloni?  

Proviamo ad intenderci: gli italiani sono interessati a capire se ci sarà ancora lavoro, se dal loro lavoro potranno percepire un compenso dignitoso e se sono pronte misure economiche esigibili per chi il lavoro non ce l’ha.

Non solo. Gli italiani, per esempio, pensano a mandare i figli a scuola, a tutelare la loro salute e quella dei loro cari, a spazi condivisi sicuri e con molta meno delinquenza.

Non trovo un solo italiano, tra i tanti che frequento, che mi chieda un impegno sul congresso del PD perché, mi dicono, diamo l’impressione di parlare del PD e non di loro. Ma questo è un altro discorso, e comunque in tanti vogliamo parlare proprio di loro. Allora parto dal fondo, da chi il lavoro non ce l’ha e da chi percepisce un compenso per nulla dignitoso per il lavoro autonomo o dipendente che ha. Sono in tanti, l’Istat mette in fila 1,5 milioni di famiglie che faticano a vivere e che nella realtà, non nei racconti dei convegni, dai diritti sociali sono esclusi. Sì, perché è sulla nostra capacità di garantire a tutti casa, cibo, scuola, salute, che dovremmo misurarci. Servono dai 7 ai 10 miliardi di euro subito per il reddito di inclusione sociale, una misura necessaria che ribalti l’ordine delle priorità delle politiche nazionali. Subito, significa che dimostriamo davvero di sapere mettere in campo la consapevolezza sulla gravità delle condizioni dei nostri concittadini: si chiamano disuguaglianze e rappresentano una buona ragione per battersi ispirandosi ai principi del welfare solidale ed inclusivo.

Qualcosa di più e con più certezze del pur valido SIA (Sistema per l’Inclusione Attiva) ad oggi timidamente a disposizione.

Questa sarebbe una tra le tante missioni da affidare al governo Gentiloni così da convincere alcune Regioni che il “fai da te” delle proposte di leggi regionali, diversamente denominate, deve  necessariamente agganciarsi ad una azione nazionale di sistema.

Un minore su tre a rischio povertà in Italia. Sul viale del tramonto dei diritti?

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Sempre più precaria la condizione dei minori in Italia: secondo l’Atlante dell’infanzia di Save the Children, quasi un minore su tre è a rischio povertà ed esclusione sociale, mentre i bambini di 4 famiglie povere su 10 soffrono il freddo d’inverno per la mancanza di riscaldamento. Da una delle mappe dell’Atlante, elaborata dall’Ingv, emerge inoltre che 5,5 milioni di bambini e ragazzi sotto i 15 anni vivono in aree ad alta e medio-alta pericolosità sismica.

Sicilia prima per abbandono scolastico – In Sicilia un giovane su 4 tra i 18 e i 24 anni (24,3%) interrompe gli studi precocemente, fermandosi alla licenza media inferiore, a fronte di una media nazionale del 14,7%. Lo dicono i dati diffusi da Save the Children nel settimo Atlante dell’Infanzia a rischio intitolato “Bambini, Supereroi” e pubblicato per la prima volta da Treccani. Inoltre, circa un alunno 15enne siciliano su 3 non raggiunge le competenze minime in matematica e in lettura e più di 1 bambino o ragazzo tra i 6 e i 17 anni su 2 non legge neanche un libro all’anno. Ad esporre i piccoli al pericolo povertà ed esclusione sociale è anche il titolo di studio dei genitori, almeno per 6 minori italiani su 10, e la Sicilia è particolarmente a rischio, dato che la metà degli adulti dell’Isola tra i 25 e 64 anni è ferma alla licenza media inferiore.

In Puglia bimbi più poveri della media italiana – “In Puglia la percentuale dei bambini e dei ragazzi fino a 17 anni in povertà relativa supera di molto la media italiana: il 32% rispetto al 20%”. A rilevarlo è il settimo ‘Atlante dell’Infanzia’ di Save the children che ha analizzato la situazione italiana relativa alla “infanzia a rischio”. Secondo l’indagine “la povertà diffusa, i servizi mancanti che spesso caricano tutta la spesa sulle spalle delle famiglie, hanno portato il Mezzogiorno d’Italia a percentuali più alte delle medie italiane”. La ricerca sottolinea poi che “i bambini pugliesi dai 6 ai 17 anni che non hanno visitato monumenti o siti archeologici sono più di 4 su 5 (84,4%)”, mentre “3 su 4 non sono andati a mostre o musei (74,3%)”. In Puglia, inoltre, “i dati dei minori in Comuni con dissesto o riequilibrio finanziario sono particolarmente allarmanti: contro una media nazionale del 7,4% (minori 0-17 anni sul totale della popolazione), nella provincia di Foggia i minori che vivono in comuni con dissesto o riequilibrio finanziario sono il 26% mentre in quella di Taranto toccano addirittura il 33,6%”.

In Emilia-Romagna un minore su 10 è in povertà relativa. E’ quanto emerge dai dati del 7/o Atlante dell’Infanzia ‘Bambini, Supereroi’ di Save the Children, quest’anno per la prima volta pubblicato da Treccani. In particolare in Emilia-Romagna, un alunno di 15 anni su cinque non raggiunge le competenze minime in matematica e in lettura. La percentuale di giovani emiliani tra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato precocemente gli studi, fermandosi alla licenza media, tocca il 13,3%, con un’incidenza maggiore tra i maschi (16,4%). Tra i ragazzi della regione, quattro su 10 non hanno letto nemmeno un libro lo scorso anno e sei su 10 non sono andati a teatro.

 

 

 

 

Le pratiche e i valori del mutualismo torneranno d’attualità

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Dopo il voto in Commissione Cultura nella seduta del 18 ottobre l’Aula del Consiglio Regionale ha approvato la modifica dello Statuto della Fondazione per le Società di Mutuo Soccorso Onlus.

Le modifiche riguardano la nuova sede prevista a Torino presso il Palazzo Lascaris (la stessa del Consiglio Regionale) e la composizione del consiglio di Amministrazione. D’ora in poi infatti il Presidente sarà scelto dalla Giunta Regionale, tre componenti saranno individuati dal coordinamento delle Soms piemontesi e il quinto soggetto sarà votato dai Consiglieri Regionali.

La discussione ha permesso di approfondire alcuni aspetti essenziali della storia del mutualismo costruiti attorno ai valori fondamentali della partecipazione democratica e della solidarietà. Il presente e le prospettive che dovremo definire nella programmazione socio sanitaria regionale impongono  innanzi tutto una consapevolezza: le attuali risposte ai disagi dei cittadini sono parziali, insostenibili e quindi inadeguate. Tra gli obiettivi principali dei Governi, in particolare quelli europei, assumerà un’evidente priorità la garanzia di un nuovo welfare anche sussidiario rispetto a quello di Stato che, attraverso la certezza dei diritti, possa generare giustizia sociale. Pur  con la necessaria innovazione  le pratiche e i valori di fondo del mutualismo torneranno d’attualità.  Proprio perché sono consapevole del necessario cambiamento mi piace pensare che ci sarà spazio per nuove forme di solidarietà e che non tutto sarà delegato alle logiche pur legittime del mercato. Trovo rassicurante l’idea che sarà possibile affiancare ad un diverso sistema pubblico, più efficiente e meno permeabile a logiche clientelari, l’utilizzo dei fondi sanitari integrativi, dei sussidi, dei servizi di assistenza familiare e della promozione di attività educative e culturali offerti dai soggetti che per Statuto non hanno scopi di lucro come da sempre le Soms.

Attorno ai tavoli di coordinamento dei distretti della Coesione Sociale, dove si programmerà il futuro dei sistemi socio sanitari, il mutualismo dovrà trovare spazi adeguati. Con questo obiettivo, e in attesa del completamento della Riforma del Terzo Settore, organizzeremo confronti anche nel territorio alessandrino.