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La casa è un diritto o un problema?

L’annuncio del Ministro De Micheli sul miliardo per “Rinascita urbana” mi ha convinto. E’ un passo (ma un passo solo) nella direzione giusta lungo una strada molto lunga. Anticipo che per noi del Gruppo PD del Consiglio regionale del Piemonte le scelte per le “politiche dell’abitare” saranno prioritarie.

Il 70% circa degli italiani ha almeno una casa di proprietà, il 20% è in affitto, il 7% ha un uso gratuito e il 3% è in ususfrutto. Possiamo sostenere che l’acquisto e la gestione di una abitazione è oggi un problema e che l’impossibilità di trovare soluzioni determina disagi sociali molto gravi? Sì, per molti è così. Sono stati adottati parecchi provvedimenti per migliorare le condizioni di difficoltà, l’ultimo in ordine di tempo riguarda il fondo di garanzia “prima casa” contenuto nel Decreto Crescita 2019. Si tratta di una rimodulazione di uno strumento finanziario pubblico già attivato negli anni passati e che permette l’acquisto di una casa (o l’efficientamento energetico) senza avere in partenza la liquidità per farlo e soprattutto senza che l’ente erogatore richieda ulteriori garanzie per l’accesso al mutuo. Con 650 milioni di Fondo si stima che a regime saranno garantiti mutui per circa 20 miliardi. Ma non sono solo evidenti le problematiche d’accesso al sistema bancario per l’acquisto della prima abitazione. La crisi emersa con forza un decennio fa ha diffuso disoccupazione e ha impoverito individui e famiglie. Anche il pagamento della rata del mutuo, prima facilmente sostenibile, ora è diventato una causa che sposta irrimediabilmente ai margini della società non solo chi perde il lavoro, anche i woorking poor e molte altre categorie, anche professioni, che abitano negli spazi delle fragilità sociali. Giusto ancora per fare un esempio, per questi casi si richiama il tentativo di contribuire a porre un rimedio attivato dal Consiglio regionale del Piemonte che a marzo 2019 ha approvato la legge “salva mutui” che sostiene quelle famiglie non più in grado di pagare le rate appunto del mutuo. Le Agenzie sociali per la locazione (Aslo) per il 2019 hanno avuto uno stanziamento di 1.760 mila euro per attribuire i contributi ai mutuatari in difficoltà attraverso i Comuni di residenza. Per il 2020 e il 2021 lo stanziamento sarà di 2 milioni l’anno. Dati recenti fotografano una situazione drammatica: in Italia ci sono 240 mila famiglie in arretrato con i pagamenti, 320 mila per pagare il mutuo hanno iniziato a risparmiare su altro, compresi farmaci e alimentari, mentre i pignoramenti sono triplicati. Decreto Crescita 2019 e “salva mutui” in salsa piemontese sono due buoni esempi di come le Istituzioni devono affrontare la questione “casa”; il punto è che non bastano, sono segnali importanti ma non rappresentano altro. E’ arrivato il tempo di affrontare tutte le possibili politiche per l’abitazione con una serie di provvedimenti concreti e accompagnati da investimenti poderosi e costanti nel tempo. A muovere, come inizio, dal costo d’acquisto e dal costo degli affitti dove sono necessarie politiche utili a calmierare i prezzi. Ma non solo. Chi ha una casa deve farsi carico di un insieme di oneri che sono diventati insostenibili per una famiglia media italiana. La fiscalità comunale ha raggiunto livelli preoccupanti a causa di scelte finanziarie perpetrate nel tempo da differenti Governi nazionali che hanno messo in ginocchio le Amministrazioni Comunali. Sull’autonomia dei territori si è evocato il federalismo fino al giorno di tutte le elezioni e il vincitore, non importa se di destra o di sinistra, dal giorno dopo ha sempre praticato il centralismo fiscale. Eppure i sindaci in genere hanno utilizzato con buon senso le leve per raggiungere gli equilibri di bilancio ma forzatamente hanno dovuto mettere nel mirino le abitazioni per coprire i costi dei servizi rivolti alla collettività, compresa la raccolta o lo smaltimento dei rifiuti. Imu, Tasi, Tari sono pesanti fardelli da sopportare, ancor più in tempi difficili come questi e la tendenza non può che essere quella di una graduale riduzione. A dire il vero, gran parte del risanamento dei conti pubblici dello Stato è finito sui documenti economici dei nostri Comuni e di conseguenza sulle uscite dei conti correnti dei cittadini; ora può bastare così. Ma non solo. L’elenco dei costi delle utenze, dalla luce, all’acqua, fino alla gestione del calore, dimostra come gli spazi per azioni legislative volte a migliorare la situazione attuale siano infiniti. Pur in uno scenario regolato dal pubblico, ma sul filo della concorrenza del mercato, è possibile offrire buona qualità dei servizi e una più equa sostenibilità.  Nell’elenco delle criticità voglio includere le conclusioni di una recentissima relazione prodotta dal Presidente dell’ATC Sud del Piemonte Gino Garzino sullo stato dell’edilizia popolare. Egli sostiene che “per quanto concerne l’intero orizzonte delle politiche abitative, sia di valenza regionale che a carattere nazionale, senza un programma preciso e sostenuto con risorse certe, non si è in grado di rispondere, anche solamente in parte, al disagio abitativo che sappiamo essere in costante aumento. Sul versante della crescita delle morosità incolpevoli, e per quanto concerne la copertura data dal Fondo Sociale, si deve ammettere che siamo prossimi al raggiungimento del nostro punto limite. Nel corso degli anni precedenti si è riusciti ad anticipare i costi per l’utenza ma senza interventi specifici per noi non sarà più possibile farlo. C’è bisogno di una scelta precisa sapendo che questo settore non può sopravvivere con mezzi propri e non può autofinanziarsi. Chi pensa di intervenire sull’inquilinato agendo sui canoni attraverso un loro aumento purtroppo sbaglia. Quelli che non sono in grado di far fronte al mantenimento di un alloggio (gli incolpevoli) sono sempre in aumento. Per lo stesso motivo, non è nel mutamento della natura dell’Ente che si può trovare la soluzione alle tante problematiche che quotidianamente siamo chiamati ad affrontare. Così come non è nella contestazione di una norma di armonizzazione finanziaria o nella denuncia dei limiti dell’organizzazione dell’infrastruttura digitale contabile e organizzativa che sta la chiave della soluzione. Al contrario, ciò rischia di spostare l’attenzione dalla vera origine dei tanti problemi, che più correttamente è da rintracciarsi nella carenza di fondi a disposizione, figlia diretta del momento che stiamo vivendo ma parente stretta della disattenzione che spesso circonda il settore in cui operiamo.”   Paola De Micheli, il Ministro del nuovo Governo che ne ha la competenza, con “Rinascita urbana” ha annunciato lo stanziamento di 1 miliardo per migliorare la qualità dell’abitare, con la rigenerazione degli edifici, il sostegno alle famiglie in affitto e i cantieri nei piccoli comuni. E’ una somma all’incirca pari all’ultimo Piano Casa 2007 – 2012 pressoché esclusivamente destinato all’edilizia popolare. Da quel che si legge nei comunicati si tratta di un Fondo per il sostegno alla locazione per le famiglie in difficoltà, di servizi connessi “all’abitare” come il piccolo commercio, per la manutenzione straordinaria, per l’adeguamento anti sismico, per le residenze per gli studenti. Nelle note Ministeriali è evidenziato che “è un programma per far rinascere interi quartieri nelle città medie e grandi” e il ruolo attivo delle Regioni sarà fondamentale a partire dalla programmazione sino all’allocazione delle risorse.

Bene, molto bene. Ma cogliamo l’occasione per un ulteriore approfondimento perché dal mio elenco all’elenco delle intenzioni della De Micheli le priorità rischiano d’essere, anche se solo in parte, differenti.

Tema affidi e legge allontanamento zero.

L’assessora Caucino nell’annunciare la proposta di legge sull’ “allontanamento zero” afferma di voler impegnare più risorse a sostegno delle famiglie con criticità e di voler riscrivere le norme in materia di affidi. Bene: più risorse e norme più efficaci a tutela dei bambini e dei nuclei familiari sono un obiettivo condivisibile. Ma vogliamo capire dall’assessora Caucino cosa vuol fare e come vuole farlo.

Che porti il Disegno di Legge in Commissione e lì ci si confronti. Ma soprattutto le nuove regole si scrivano con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, a partire dagli Enti Gestori delle Politiche Sociali, dal Terzo settore, dalle associazioni familiari dagli enti che lavorano con l’infanzia.

Il Piemonte nel suo complesso è all’avanguardia sul versante delle politiche familiari, anche per quanto riguarda il sistema degli affidi. Si faccia attenzione a non compromettere il lavoro, difficile e articolato, di tanti operatori.

Si vogliono rafforzare le commissioni di vigilanza. Perfetto. Quanti soldi servono? Come si pensa di fare? Siamo disponibili. Ma attenzione, l’assessora non può permettersi accuse generiche  che rischiano di infangare in modo indiscriminato un intero settore. Bisogna essere molto seri: se l’assessora è a conoscenza di fatti specifici deve andare in Procura. Se così non è, allora vuol dire forse che intende alimentare il motore del discredito, che si nutre di allusioni e non di fatti riscontrabili? E questo non lo accetteremmo e non lo permetteremmo. Nessuno può fare propaganda sulla pelle dei bambini né darci lezioni in tema di diritti. Entrando a Palazzo Lascaris l’assessora e i consiglieri di maggioranza trovano un grande pannello rettangolare che riporta gli articoli della Convenzione dei diritti dell’infanzia. L’abbiamo fatto mettere noi nella passata legislatura. Il Comitato Diritti Umani ha lavorato molto sul tema dell’infanzia, in collaborazione con l’Unicef e tante associazioni. Allasia che come Presidente del Consiglio è anche Presidente del Comitato Diritti Umani, intende proseguire nel lavoro fatto nell’ultima legislatura? Anche qui attendiamo di capire.

Una normativa nazionale che istituisca il salario orario minimo legale

È stato presentato un ordine del giorno per l’adozione urgente di una normativa nazionale di istituzione del salario minimo orario.

Torino – 11 marzo 2019 –  “L’Italia ha bisogno di imprese che siano in condizione di diffondere benessere e gli imprenditori hanno necessità di politiche concrete che li tutelino e li supportino nelle sfide che sono chiamati ad affrontare all’interno del contesto globale nel quale le loro aziende sono inserite. Affinché il mondo delle imprese possa vincere queste sfide allo sviluppo economico si deve associare un fisco equo e adeguato”. ha dichiarato il Presidente del Gruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale Domenico Ravetti.
“Nel nostro Paese non è prevista l’individuazione di un salario minimo orario ed è fondamentale affrontare questo tema, concretamente, per tutelare i diritti dei lavoratori, soprattutto in un congiuntura economica e sociale molto difficile come quella in cui ci troviamo. Il problema del potere di acquisto dei salari, infatti, mette a rischio non solo i disoccupati, ma anche il lavoratore che, pur avendo un’occupazione, rischia di trovarsi ai margini della società e in uno stato di fragilità sociale. Proprio per questo, fin dal 2016, il Gruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale ha voluto presentare una proposta di legge al Parlamento per prevedere l’istituzione del salario minimo orario. Analoga proposta è stata depositata in Senato nel maggio 2018 dal senatore Laus e alla Camera nel luglio 2018 dall’onorevole Delrio” ha proseguito Ravetti.
Il Gruppo del Partito Democratico  – ha proseguito Ravetti – depositerà oggi stesso un ordine del giorno, che auspico venga approvato entro la fine della legislatura, che impegna la Giunta regionale ad attivarsi con urgenza nei confronti del Parlamento italiano affinchè si arrivi in tempi rapidi all’adozione di una normativa nazionale che istituisca il salario orario minimo legale”.