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APPROVATA LA PROPOSTA DEL PD. AIUTI ANCHE AI FORNITORI DI ASSISTENZA DOMICILIARE.

(foto d’archivio)D

“Non solo RSA. La cura degli anziani e delle persone più fragili si fonda anche sulla domiciliarità”

Sono felice per l’accoglimento dell’emendamento a prima firma della collega e vice segretaria regionale del PD Monica Canalis, nell’ambito della discussione sul Disegno di legge sui ristori alle Rsa, che prevede un contributo di 1,5 milioni di euro anche per i soggetti fornitori accreditati di prestazioni domiciliari sociali e sanitarie.

«Anche queste realtà hanno sostenuto enormi spese straordinarie per l’emergenza Covid19, per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale, maggiori spese del personale, nonché spese specifiche per la messa in sicurezza degli assistiti e per migliorarne la qualità dell’assistenza. Le cure domiciliari sono la nuova frontiera della sanità e sono centrali nella strategia del PD piemontese di revisione del Piano socio-sanitario. Non c’è residenzialità senza domiciliarità, soprattutto in una Regione con più di un quarto della popolazione sopra i 65 anni come il Piemonte».

«In un’ottica di equità, abbiamo proposto di dare un sostegno economico anche alle realtà che seguono gli anziani e i disabili a domicilio come primo passo di un rilancio e maggiore investimento sulla domiciliarità. Crediamo fortemente che residenzialità e domiciliarità siano i due pilastri complementari della cura alle persone non autosufficienti. Non si può aiutare l’uno, dimenticando l’altro».

«Dopo la riduzione nel 2020 da 54 a 37 milioni di euro sul Fondo Regionale per la Coesione Sociale, che finanzia anche gli assegni di cura a domicilio oggi c’è una piccola buona notizia per chi crede nella domiciliarità».

Le politiche sociali in Piemonte? Porta che bussi servizio che trovi. Il sistema della provincia di Alessandria è ingiusto. Solo l’indifferenza o l’inadeguatezza della politica possono accettarlo. Questo è il tempo di cambiare.

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(Prima elaborazione dei dati)

Avremo a che fare con i numeri di una nuova fragilità sociale che si sovrapporrà a quella storica, numeri così grandi che la sola proiezione, già oggi accertabile, dovrebbe farci tremare.

Ad essere all’altezza della sfida si dovrebbe da subito avere il senso del limite degli strumenti che sono a disposizione nelle politiche socio sanitarie. Tale approccio permetterebbe al decisore pubblico di valutare con precisione che il sistema escluderà molti cittadini e che per non escluderne troppi è opportuno rendere il sistema stesso il più giusto possibile. E già oggi, purtroppo, il sistema che eroga servizi socio sanitari presenta disparità economiche, e quindi qualitative, che solo l’indifferenza o l’inadeguatezza politica possono giustificare. Questo sistema iniquo ha molti padri e molte madri. Con questa prima parte di indagine conoscitiva, sviluppata grazie agli ultimi dati (2017) pubblicati nel dossier della Regione Piemonte “I servizi sociali territoriali in cifre”, e con la volontà di essere conseguenti nella prossima azione politico amministrativa, non si intende evidenziare il problema per incolpare qualcuno ma si prova a evidenziare le storture per porre rimedio. Sul finire della scorsa Legislatura regionale le proposte di cambiamento non sono mancate ma le forze della conservazione, a destra come a sinistra, hanno costruito solidi muri a tutela dell’esistente. Ma l’esistente non è la migliore espressione dell’uguaglianza sociale. Dovremmo chiedere a chi “sta sul campo” delle disperazioni sociali e sanitarie tutti i giorni, con una fatica immane, se è vero che quasi quotidianamente si scontrano, loro malgrado, con l’incapacità del sistema di offrire ai cittadini equità di accesso ai diritti, ai servizi e alle singole prestazioni individuali. E se è vero che ancora oggi negli sportelli si raccolgono le volontà di nuclei familiari che cambiano residenza perché “in quel territorio ti danno di più” o “offrono un servizio migliore di assistenza domiciliare”, e così via. Il problema non è la differenza nella diversità di quota versata all’Ente gestore tra grande e piccolo Comune. La differenza risponde ad una logica solidaristica e assicurativa ed è proporzionata anche a quanto richiesto da una grande città rispetto ai piccoli Comuni, anche perché spesso questi ultimi dimostrano di essere più virtuosi, autonomi, competenti nel trovare soluzioni proprio nel contesto di vita delle persone, anche grazie ai loro capaci amministratori. Nel contesto delle quote consortili si va dai 12,74 euro dei piccoli Comuni del novese ai 25,50 dei piccoli Comuni del tortonese, mentre per i centri zona si va dai 15,99% di Novi Ligure ai 30,94 di Valenza. Quello che sorprende, ancora nel 2020, è la differenza di quote e di conseguente erogazione nei territori dei diversi consorzi e Asl, a volte a pochissimi chilometri di distanza, che determinano una grande differenza di accessibilità e di fruizione dei stessi servizi. Ma non solo. Sorprendono ancor di più le quote di trasferimento dei fondi dalla Regione Piemonte ai bilanci degli Enti Gestori che variano dal 30% (nell’alessandrino) al 50% (nel novese) della copertura dei bilanci, e ciò succede per ragioni che dovremmo indagare con maggiore attenzione. Quello che non deve sorprendere è che l’effetto di entrate diverse determina percentuali diverse ovviamente anche nell’erogazione dei servizi. Tanto che nel territorio casalese la percentuale di popolazione che utilizza i servizi socio sanitari è pari al 7,44% della popolazione complessiva mentre nell’alessandrino è solo del 2,60%.  Altri strumenti generatori di disparità sembrerebbero essere i regolamenti consortili che, questo è risaputo, continuano ad applicare criteri autodeterminati e conseguentemente diversi l’uno dall’altro. In sostanza il cittadino paga una compartecipazione al costo dei servizi diversa a seconda di dove risiede. Ma i paradossi si estendono anche ad altri temi. Per esempio viene da chiedersi come mai in alcuni Distretti sanitari dell’Asl Al, tra questi certamente quello della città di Alessandria, non si sia ancora insediato il Comitato di Distretto alessandrino dei Sindaci, fatto che comporta per i cittadini e gli Amministratori stessi una perdita importante per la declinazione dei piani programmatici dei territori e come conseguenza operativa una situazione critica per i servizi socio sanitari. Ovviamente tale situazione critica determina una ricaduta immediata sui cittadini. E altro, altro ancora, che in questo cammino valuteremo insieme nei particolari. Per questo chiediamo un aiuto; serve per approfondire e per provare a dimostrare che un sistema migliore è possibile, oltre che necessario. 

I DATI IN 6 TABELLE.

Tab 1. A chi vengono erogati i servizi e con quali percentuali rispetto al totale degli utilizzatori?

Tab. 2. Suddivisione in percentuale dei servizi complessivi resi nelle otto province piemontesi.

Tab. 3. Percentuale di cittadini che ricevono servizi rispetto alla popolazione complessiva suddivisi per province: Piemonte 5,88%.

Tab. 4. A chi, e in quali percentuali rispetto alla popolazione complessiva, vengono erogati i servizi dagli Enti gestori in provincia di Alessandria?

Tab. 5. Le entrate a bilancio degli Enti Gestori delle politiche sociali della provincia di Alessandria e percentuali rispetto al totale (Nella colonna “da Comuni”, la quota per abitante pagata dalle Amministrazioni Comunali).

Tab. 6. Spese “correnti” a bilancio in percentuale suddivise in macro aree d’attività. Piemonte e provincia di Alessandria.

Allontanamento zero l’aberrazione che non devono pagare i minori. Per il Pd al primo posto i bambini

Torino – 8 gennaio 2020 – “Il Gruppo Pd si opporrà con tutte le sue forze al ddl “allontanamento zero” dell’Assessore Caucino che, già nel titolo, si presenta come un’aberrazione linguistica e culturale, proponendosi di modificare il sistema dell’affidamento dei minori, trasformando un tema delicatissimo in un manifesto che fa del legame di sangue la garanzia per il benessere del bambino. A smontare questo surreale immaginario ci sono i numeri e il lavoro dei professionisti che, quotidianamente, sono impegnati a gestire situazioni complesse e delicate, un lavoro che rischia di essere compromesso dallo spericolato gioco della propaganda politica. Gli errori eventualmente commessi in altre parti del Paese non possono essere l’alibi per una strumentalizzazione che potrebbe distruggere in pochi mesi la credibilità di un modello di sostegno ai minori e alle famiglie in difficoltà, costruito in Piemonte in tanti anni” afferma il Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale Domenico Ravetti

“La battaglia che l’Assessore Caucino sta combattendo – prosegue Ravetti – mira ad ottenere uno scalpo politico e non si preoccupa delle vere necessità dei minori. In Italia esiste già una legge (la 184 del 1983) che tutela il diritto del minore a crescere nella sua famiglia. Non abbiamo bisogno di una legge regionale. Le proposte dell’Assessore hanno già sollevato coro di critiche da parte di università, famiglie affidatarie, assistenti sociali, sindacati, operatori professionali dei consorzi socioassistenziali. 23 docenti di tutta Italia, tra i quali molti pedagogisti, si sono mobilitati contro questo provvedimento. E il fatto che un educatore si opponga alle decisioni di un Assessore ai bambini fa davvero pensare!”

“Questo ddl, inoltre è a saldo zero, non prevede nuovi fondi – conclude Ravetti – mentre occorrerebbero risorse aggiuntive, per svolgere azioni di supporto ai genitori e assumere nuovi educatori, medici, psicologi, assistenti sociali e per rendere stabili i contratti precari. L’Assessore Caucino mira a dirottare sulle famiglie d’origine le risorse oggi destinate alle comunità e alle famiglie affidatarie, senza considerare che in molti casi il distacco temporaneo del minore è necessario per proteggerlo”.