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GIANNINI VERSUS ORLANDO

Ho letto l’articolo del nuovo direttore de La Stampa Massimo Giannini in prima pagina in edicola il 18 maggio dal titolo “Quel virus fra politica e giornali”. In estrema sintesi Giannini critica le dichiarazioni di Andrea Orlando, vice segretario nazionale del PD, quando sostiene che “nelle prossime settimane vedrete gruppi editoriali e centri di potere che tenteranno di buttare giù il Governo.” Le critiche si poggiano sul fatto che il giornale diretto da Giannini è libero e non è condizionato dalla proprietà e che i giornalisti non prendono ordini da nessuno. Dal mio punto di vista il Direttore doveva usare un altro stile, meno spigoloso e a tratti irrispettoso, per giudicare il pensiero di Andrea Orlando. La necessità di essere esplicito probabilmente lo ha portato ad esagerare quando ha scritto “Non ci meravigliamo poi se gli odiatori professionali, gli squadristi digitali e i leoni da tastiera, in quella tavola calda per antropofagi che è ormai diventa la Rete, banchettano su Liliana Segre o su Silvia Romano. In fondo, anche le semplificazioni di Orlando nascono dallo stesso “agente patogeno”: la strumentalizzazione sistemica, i soliti sospetti, l’eterno “cui prodest”. Un virus pericoloso che indebolisce la democrazia.”

Ma ho scritto che il mio è un punto di vista, quindi è opinabile. Al contrario, e mi dispiace, per Giannini il suo pare non essere un punto di vista ma una verità assoluta. Ma per me la questione vera è proprio quella della libertà di stampa in Italia. Conosco tantissimi giornalisti liberi e coraggiosi che fanno della loro professione un’occasione per migliorare la qualità della nostra democrazia. Alcuni fra loro riescono a togliere il velo calato sopra le verità e spesso trovano gli interessi più o meno legittimi di imponenti gruppi di potere (non so definirli diversamente).

Quello che vorrei chiedere a Massimo Giannini è se l’Italia è un Paese in cui la stampa nazionale e locale sono davvero del tutto libere e cosa si deve intendere per “giornalismo condizionato”. Non esprimo un giudizio, riporto quello di Freedom of the Press dove si può leggere che “ in un contesto europeo generalmente positivo – l’Italia viene tutt’oggi considerata un paese “parzialmente libero”, soprattutto a causa dei conflitti di interesse rilevati in diversi gruppi editoriali. Meglio di noi anche Burkina Faso e Botswana”

In questo senso forse le preoccupazioni di Andrea Orlando dovevano essere trattate diversamente.

PD in Italia e in Piemonte: quanto resta ancora della notte?

Meglio ripeterlo: Bonaccini ha vinto in Emilia Romagna, ha vinto lui, non il PD nazionale. Ha vinto grazie alla sua “emilianità”, grazie al patto tra il PD locale, il civismo e l’innovazione politico culturale a sinistra del PD rappresentata dalla lista che candidava Elly Schlein. Ed infine, Bonaccini ha vinto anche grazie alle speranze portate nelle piazze dai giovani del movimento delle Sardine.

Ebbene, qualche settimana prima del voto Zingaretti & co avevano iniziato a convincerci a cambiare tutto per partecipare ad un nuovo ed ambizioso progetto finalizzato a segnare il perimetro di uno spazio grande; dovevamo mettere insieme, diversamente da oggi, altre persone coraggiose e credibili. Uno spazio senza ambiguità sulle emergenze climatiche, sulla lotta alle disuguaglianze, sui diritti all’istruzione, alla salute, all’abitare, al lavoro.

Mi pareva fosse iniziato un dibattito sincero per riaggregare e per coinvolgere. Avevo l’impressione, forse la convinzione, che i dirigenti nazionali del mio Partito avessero offerto una generosa disponibilità a mettersi in discussione per dare al Paese l’opportunità di generare un’alternativa realmente competitiva al crescente nazionalismo a doppia guida Salvini Meloni. Dopo la vittoria di Bonaccini, io non so se è cambiata la direzione e quali pensieri prevalgano. Non so se prevale la linea di continuità con il passato, non so se ha ancora il predominio la posizione interna che vede nel Governo con il M5S l’unica via per convertire il populismo in riformismo responsabile, non so in quale stato di avanzata decomposizione è la certezza che il PD può andar bene così, al massimo basterebbe, secondo alcuni, qualche pennellata di bianco in qualche stanza. So che, per come sarà possibile, non mi accontenterò e agirò, non da solo, di conseguenza perché è alto il rischio che il nostro riformismo si trasformi in qualcosa di irrilevante con la conseguenza non fantasiosa di lasciare il campo alla sfida tra sovranismo e un nascente fronte liberal democratico a cui, seppur con qualche difficoltà, stanno lavorando in tanti in Europa, in Italia e in Piemonte. Un fronte, lo dico con chiarezza e per tempo, con il quale sarebbe bene trovare le ragioni di una alleanza a partire dalle prossime sfide elettorali 2021 – 2022 per le città del Piemonte.

Infine, al Congresso ho votato Zingaretti e mi pare tuttora di aver fatto bene. Tuttavia mi rivolgo a coloro che immaginano sopportabile il PD così come è anche nel futuro: vi pare che la Presidenza del Partito, prima assegnata a Paolo Gentiloni, possa continuare ad essere vacante? Aggiungo, vi pare che la segreteria nazionale possa lavorare con Ministri, vice Ministri, sottosegretari come, per esempio, Paola De Micheli vice segretaria nazionale del PD, Enzo Amendola responsabile Esteri e Cooperazione internazionale, Andrea Giorgis responsabile Riforme Istituzionali, Giuseppe Provenzano responsabile Politiche del lavoro, Antonio Misiani responsabile Dipartimento Economia e Sviluppo, Marina Sereni responsabile Enti Locali e Autonomie? Mi chiedo se corrisponde al vero che, come nell’era Renzi, la segreteria nazionale non è più stata convocata da mesi. 

CON IL POPOLO

CON IL POPOLO A TUTTI I COSTI.

COSTI ANCHE LA FINE DI QUESTO GOVERNO.


Dopo l’approvazione della legge di bilancio e dopo le elezioni in Emilia Romagna il voto non deve far paura. La Lega è dove si sente forte che ha il suo “ventre molle”.

Dobbiamo tornare a farci capire trovando una connessione sentimentale con le speranze dei cittadini e loro profonde aspirazioni.
Dobbiamo tornare a interpretare l’attesa della gente o, come diceva Giorgio La Pira, “l’attesa della povera gente”.
Invitavo nei giorni scorsi a far politica per organizzare speranze ed è quello che dobbiamo fare pur nella complessità del tessuto sociale italiano.
Dobbiamo costruire l’alternativa al nazionalismo ovunque, anche qui in Piemonte, e con ancora più determinazione nelle zone periferiche, a partire dai territori alessandrini dove la Lega si sente più forte perché la rabbia sociale si è saldata con le loro rassicuranti bugie. Ma non possiamo permetterci di fare confusione noi per primi. Casa, Salute, Lavoro, Ambiente e Istruzione sono i cinque pilastri su cui dobbiamo costruire il campo delle nostre scelte e senza incertezze; nessun cittadino dovrà percepire il nostro senso delle responsabilità come fosse arrendevolezza di fronte ad interessi altrui. Noi dobbiamo davvero stare “a tutti i costi” con i lavoratori, sempre, non solo quando le crisi aziendali mostrano la ferocia delle ingiustizie dei nostri tempi, come capita con Ilva. Noi dobbiamo stare dalla parte di chi per la sua salute deve attendere mesi e mesi prima di ottenere un controllo, un intervento, un assegno di cura. E dobbiamo starci con forza, risolvendo i problemi e denunciando le vere cause che generano queste iniquità. Noi dobbiamo stare dalla parte di chi fatica a pagare l’affitto, o non riesce ad offrire sufficienti garanzie per accedere a prestiti per l’acquisto di una casa, o non sa come pagare le rate del mutuo, o, ancora, non è più in grado di pagare tasse e tariffe collegate alla sua abitazione. E, infine, noi dobbiamo stare con chi è consapevole che dobbiamo cambiare il rapporto con l’ambiente perchè stiamo irrimediabilmente deteriorando il nostro unico pianeta. Il nostro posto è al fianco dei giovani studenti che per primi, a proposito di consapevolezza, lottano a tutela dei loro diritti allo studio e per un ambiente più sano.
E “stare a tutti i costi con la gente, soprattutto la povera gente” puó non corrispondere a “stare a tutti i costi al Governo, in questo Governo”. Con i limiti della mia azione e del mio ruolo tuttavia intendo con chiarezza dire che il ritorno al voto in democrazia non deve fare paura a nessuno. Non si ripeta come fosse un mantra che il ricorso alle urne porterebbe alla guida del Paese la peggior destra mai vista dopo il 1945. Si risparmino questo pensiero quelli che in questo momento siedono in Parlamento o hanno ruoli di Governo o sottogoverno. Proprio loro, più di altri, rischiano di dare il senso della difesa della “poltrona”, non certo degli interessi del Paese. L’alleanza parlamentare che sostiene Giuseppe Conte o è un’Alleanza Politica in Italia, ovunque, fino al più piccolo dei Comuni, che permette la difesa dei diritti prima elencati o diventerà sempre più un alimentatore quotidiano di consenso a favore della destra, la peggior destra. E tale consenso popolare trasformerebbe l’attuale debolezza della sinistra in prossima irrilevanza. Di questo il Segretario Nazionale del PD Zingaretti dovrebbe essere consapevole. Senza paura, con coraggio, se è per l’Italia, appena dopo l’approvazione della legge di bilancio e dopo il voto in Emilia Romagna, si deve affrontare l’avversario più temibile non escludendo il voto. A proposito di Zingaretti, in Piemonte lui per primo si apra all’ascolto. Non muovo alcuna critica ai vertici del mio Partito regionale, tantomeno al segretario Paolo Furia, rilevo però l’approsimazione o l’insufficienza dell’organizzazione politica direttamente riconducibile a Zingaretti. É indispensabile che il nostro Segretario assuma il Piemonte come grande questione nazionale in particolare con quella parte della Regione che vede progressivamente crescere il proprio distacco rispetto all’area metropolitana…
Nessuno deve avere paura, nemmeno qui in provincia di Alessandria dove c’è il quartier generale di esponenti di primo piano della Lega. Bisogna sfidarli facendoli uscire dalla bolla della loro propaganda. Amministrano la città da anni e da mesi governano la Regione: quegli esponenti sono i mandanti politici del declino che tutti vivono e vedono. Se serve, con umiltà, tutti, pure io, dobbiamo essere pronti a sfidarli casa per casa. Sono forti a parole ma hanno nei fatti il loro “ventre molle”.