Archivi categoria: I miei interventi in aula

IL MIO INTERVENTO NEL CONSIGLIO REGIONALE APERTO SULL’ALLUVIONE DEL 1994

PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ravetti.R

In cinque minuti, c’è giusto il tempo per fare il punto della situazione e per qualche ricordo.

Il punto della situazione è che non c’è futuro in un territorio insicuro. La messa in sicurezza del territorio piemontese è un’idea di futuro, non una condizione del presente, e impegnare ingenti capitali per tamponare le emergenze è una costante, da troppo tempo.

Da troppo tempo lavoriamo in emergenza. È chiaro da tempo che l’Italia è un Paese a rischio di dissesto idrogeologico, per la sua conformazione idrografica e orografica. E allora cosa serve? Servono risorse – sì – però serve programmazione, soprattutto una nuova cultura. Serve rispetto per tutto ciò che insieme a noi compone il Creato. È bene dircelo in questo momento, soprattutto in questo momento.

Mi aiuto con un esempio, e cito la fonte del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente. Lo studio è stato pubblicato da alcuni mesi, all’inizio del 2019. In Italia, nel 2018, 51 chilometri quadrati sono stati sottratti al verde e consegnati al cemento (circa 14 ettari al giorno). Cresce la cementificazione, anche se diminuisce la popolazione, e cresce anche se diminuisce l’occupazione e il PIL. In Piemonte, pro capite, vengono consumati 393 metri quadrati in un anno – io vengo dalla provincia di Alessandria – e in provincia di Alessandria, in un anno, 607 metri quadrati per abitante.

E allora, iniziamo a dirci che si può e si deve fare meglio, senza catastrofismi, ma non con indifferenza o negazione o rassegnazione e nemmeno parlandone soltanto durante i convegni. Dobbiamo avere la consapevolezza di quello che sta accadendo nella nostra casa comune. Una casa che sta subendo un grande deterioramento: a volte capita, perché la natura è così; a volte capita, perché noi siamo così. Riguarda, appunto, noi e le nostre azioni.

E allora, servono politiche nuove per evitare questi cambiamenti climatici; servono politiche nuove per evitare la perdita della biodiversità; servono politiche differenti – è bene dirlo anche qui, in questa sala – per condividere traiettorie nuove e differenti di quella crescita economica che ha deteriorato l’ambiente e generato ineguaglianze. Spesso, in questa Terra, per gli interessi di pochi si è voluto calpestare i diritti delle moltitudini.

Chiudo con un ricordo. Io sono un uomo di fiume, abito lungo il fiume. Per cultura, conosco i sentimenti di amicizia, di gratitudine, di rabbia e di odio per il fiume. Il fiume è un contrasto continuo di vita e di morte, è irrigazione per i campi, è giornata di festa estiva, è pesca, ma è anche la violenza di un’alluvione incontenibile. Per noi, uomini di fiume, l’argine è una sottilissima e fragilissima linea di confine che solo il fiume stesso può decidere di superare e nel 1994 la linea di confine è stata superata.

Allora, scoprimmo una nuova cultura della Protezione Civile e scoprimmo il senso della solidarietà, riscoprimmo il senso della solidarietà. Ognuno di noi ha conservato delle immagini del 1994, che sono custodite nel profondo dell’anima, e odori inconfondibili che solo il fango emana quando il fiume entra nelle case.

Terrò con me per sempre quegli odori e non dimenticherò, nessuno di noi potrà mai dimenticare, il colore marrone sui volti, sui vestiti delle migliaia di volontari di ritorno dai quartieri alluvionati e il loro silenzio. Sì, il silenzio fiero di chi aveva fatto il possibile e una domanda, una domanda ricorrente, che veniva ripetuta di casa in casa, da persone mai viste prima. E la domanda era: “Qui, di cosa avete bisogno?”.

“Qui, di cosa avete bisogno?” è la frase più bella che un uomo in difficoltà, non importa quale difficoltà, può sentire. Una frase che dovremmo imparare a ripetere più spesso, anche quando il fiume è calmo nel suo letto.

(Applausi)

Il mio intervento sul programma di Cirio.

Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta Regionale, buon lavoro, buon lavoro a voi, alla Giunta, a tutti i colleghi e al personale del Consiglio Regionale e di tutti i settori della Regione Piemonte.

Una sola premessa: il 26 maggio il voto al Segretario nazionale della Lega, attuale Ministro dell’Interno, è stato determinante per il risultato elettorale che ha interessato il Piemonte, tuttavia è giusto ammettere la nostra sconfitta e la vostra vittoria netta e priva di altre interpretazioni. Riconosciamo un risultato prevedibile ma non con queste dimensioni e che, ne siamo certi, è andato anche oltre le vostre aspettative. Avete il diritto e il dovere di proporre e realizzare l’idea di futuro che avete presentato agli elettori.

Noi saremo seri e responsabili, due qualità originali per le opposizioni; eviteremo pregiudizi, agevoleremo le scelte che riterremo opportune e faremo il possibile per convincervi a cambiare idea su quelle che giudicheremo sbagliate. Dedicheremo il giusto tempo alle analisi e alle proposte e proveremo a non rincorrere la propaganda utile solo al consenso del giorno dopo. Anche così, ci capisca Presidente Cirio, risulteremo diversi, originali. Sul merito: lei che ha esperienza aiuti i suoi Assessori a comprendere che pazienza e ascolto saranno doti fondamentali, ne facciano buon uso da subito, a partire dai lavori in Commissione fino alle sedute del Consiglio.

Partiamo dal vostro programma e non a caso dall’Ambiente, dalla tutela dell’aria, dell’acqua, del suolo. Partiamo dal titolo di un capitolo del vostro programma: Piemonte green. Capirà signor Presidente della Giunta, che presto sarete obbligati ad andare oltre l’enunciazione dei principi. Dall’evocazione di “un cielo che con voi sarà sempre più blu” passerete alle scelte, le vostre scelte. Per esempio dovrete scegliere se rispettare pedissequamente l’Accordo di programma fra le Regioni del bacino Padano e il Ministero dell’Ambiente, con tutte le limitazioni, le prescrizioni e i divieti che miglioreranno di sicuro le condizioni dell’aria, meno i vostri rapporti con i soggetti che tenderanno a conservare stili di vita e culture non adeguati ai nuovi tempi. E sui rifiuti? E l’economia circolare? Avete annunciato modifiche alla L.R. 1/2018, vorremmo capire – quali modifiche -. E soprattutto in questo momento di confusione, se preferisce diciamo di passaggio, vorremmo capire cosa risponderete a quei sindaci che hanno dubbi o che mettono in discussione il sistema di raccolta Porta a Porta in alcune aree del Piemonte. E poi, proporrete oppure no una legge contro il consumo del suolo? Dovrete scegliere da che parte stare o dovrete scegliere di stare da nessuna parte. Vi chiediamo di investire in prevenzione a partire dalla diffusione di una nuova cultura in tema di tutela e rispetto dell’ambiente perché la prevenzione in questo ambito riguarda anche le Politiche per la Salute.

Il welfare europeo e italiano sono inadeguati a rispondere ai nuovi bisogni. La società è cambiata ma il sistema è stato modificato con tempistiche differenti, molto più lente. Inoltre esiste un problema di sottofinanziamento del Sistema Sanitario Pubblico e, in troppi territori del Paese, una discutibile allocazione di risorse che, pur legittima, rischia l’inefficacia sanitaria. Mancano professionisti, mancano infermieri, mancano OO.SS., e ora manca anche personale amministrativo, ancor più al tempo di Quota 100. Il processo di risanamento della sanità piemontese non è terminato, noi vi chiediamo di aprire un fronte con il Governo nazionale per difendere il diritto alla salute e le caratteristiche democratiche del nostro SSN e di avere coraggio in Piemonte. Gli amici leghisti si sono abituati agli slogan ad effetto; ne regaliamo due, vogliate accettarli: “prima la salute” e “prima il Sistema Sanitario pubblico”. Anche per questo vi chiediamo di non fermare il programma di edilizia sanitaria approvato nella passata legislatura. Ci sono le condizioni per realizzare contenitori in grado di ospitare la sanità pubblica del futuro. Piuttosto ampliate quel programma, rafforzatelo, ma non smontatelo. Sulle reti ospedaliere siate altrettanto coraggiosi e coerenti con la scienza. Fate ciò che è giusto, cioè ciò che indica l’evidenza scientifica, non ciò che conviene a qualcuno. Sappiate investire sulla medicina territoriale in connessione con le politiche sociali, quelle dell’abitazione, quelle della formazione professionale e del lavoro. Troverete cammin facendo un nesso e pure le risposte fondamentali per una società che invecchia anche se caratterizzata da più patologie che insistono sullo stesso individuo. Vi accorgerete che la rivendicazione generale che avete portato a sintesi con la frase “più posti letto” mal si attaglia alla sanità del futuro e alle condizioni date. Ma sappiamo che è inutile convincervi ora. Aggiungiamo che avete il diritto di reimpostare un nuovo patto con il privato convenzionato e non convenzionato. Verrete in Commissione a spiegarci i contenuti, in questo senso mi permetta una battuta: abbiamo maturato una cultura economica compatibile con le regole del libero mercato. Torno serio ora: qui però stiamo parlando di diritti non mercificabili. Le anticipo che vi chiederemo di elaborare il Piano Regionale della Ricerca Scientifica e biomedica per programmare su tutto il territorio piemontese politiche per l’innovazione tecnologica, la formazione del personale e per la ricerca scientifica anche attraverso gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico.

Presidente Cirio, abbiamo conosciuto il Piemonte solidale e competitivo della seconda metà del secolo scorso, quello della Fiat e del suo indotto. Ma non solo. Quello di Adriano Olivetti, un imprenditore di infinita cultura e di senso pragmatico, che investiva sull’innovazione e su una società più giusta, garantendo valore al lavoro. Il Piemonte solidale e competitivo di Pietro e Giovanni Ferrero, con la loro sfida dolciaria internazionale coniugata ai saldi legami tra azienda e dipendenti volti a proteggerli e a sostenerli durante e dopo il lavoro. O il Piemonte della famiglia Borsalino che nella città dove producevano cappelli realizzavano con gratuità ospedali, orfanotrofi e luoghi di socializzazione. Il Piemonte solidale e competitivo della diversificata massa di micro imprese specializzate in diversi settori economici che generavano stabilità e benessere. Era un Piemonte che non aveva paura e che concretamente permetteva a tutti di avere un sogno, cioè quello che il giorno seguente sarebbe stato un giorno migliore. Lei Presidente si è candidato a questo, a garantire un sogno, che è qualcosa che va oltre gli annunci di giornata. Vincerà o perderà la sua sfida nel governo del Piemonte se saprà indicare un percorso per lo sviluppo economico e per il lavoro e se ad un certo punto non si ritroverà solo. Ci pare interessante ciò che ha proposto in campagna elettorale ma francamente non risolutivo rispetto alla mole dei problemi. E cioè, bene l’esenzione Irap per tutte le imprese che apriranno in Piemonte una nuova attività e bene l’abbattimento Irpef per i nuovi residenti che inizieranno qui una nuova attività economica; e ancora, bene l’abbattimento dell’Irap quinquennale per l’apertura dei negozi nei centri storici abbinata ad una politica tendente a non autorizzare nuovi insediamenti commerciali extra urbani. Benissimo tutto. Sappia solo che dovrà rivolgersi al suo assessore al bilancio che dovrà dirle qualcosa in più, per esempio cosa costano queste scelte e se ci sarà sostenibilità economica. Nel frattempo, a proposito di domande, noi ne facciamo una banalissima, forse per lei marginale su imprese ed economia: avete assicurato che cambierete la legge sulla Ludopatia approvata all’unanimità nella scorsa Legislatura. Avete il diritto di provarci. Ma lei quale cambiamento vuole intestarsi possibilmente condiviso con i Serd delle Asl che hanno come riferimento il suo assessore alla sanità?

Sul programma elettorale abbiamo letto che era vostra intenzione individuare un assessorato specifico per le Autonomie. Poi al primo discorso in Aula il signor Presidente del Consiglio ha letto una sorta di proclama politico per l’istituzione di una Commissione consiliare per l’Autonomia. Ci torneremo sul finale di questo intervento, per adesso vi consigliamo di trovare un accordo sull’argomento: sarà lei Presidente Cirio l’attore in questo film oppure sarà una delle tante comparse? Ai colleghi della maggioranza consigliamo la lettura degli atti approvati in Consiglio sul tema e in attesa di capire bene cosa intendete per “Autonomia” ci pare ragionevole parafrasare una nota pubblicità che rischia d’essere l’ulteriore slogan che vi caratterizzerà “Ci sono cose che proverete a fare, per tutto il resto c’è l’Autonomia”.

Come anticipato in Capigruppo formalizzeremo la nostra richiesta per istituire la Commissione legalità nelle forme e con gli obiettivi che condivideremo. Le assicuriamo la nostra disponibilità a modificare la legge elettorale inserendo l’opzione della doppia preferenza di genere, parità nelle candidature di genere, l’eliminazione del listino del Presidente e criteri funzionali a garantire le rappresentanze territoriali. Vorremmo inoltre discutere di modifiche al regolamento ed eventualmente di adeguamenti statutari.

Ci rivolgiamo ancora a lei Presidente Cirio, difenda per primo ciò che di buono è stato fatto nel passato. Ha già riconosciuto il buon lavoro svolto sul bilancio generale, ha riconosciuto la bontà della scelta compiuta per garantire il 100% delle coperture delle borse di studio universitarie agli aventi diritto. Ha riconosciuto il lavoro svolto per riportare sobrietà nell’uso dei fondi pubblici per i costi della politica. Questo atteggiamento è un segnale di eleganza Istituzionale che abbiamo apprezzato. Non se ne abbia a male se non leggerà medesimo stile nelle nostre conclusioni ma è doveroso da parte nostra inserire nel dibattito generale alcune preoccupazioni.

Un tempo si usava una metafora per dare il senso ad un auspicio, quello di non dividere la società. Una metafora chiara che aiuta a comprendere che è dannoso, irrimediabilmente dannoso, mettere gli uni da una parte e gli altri dall’altra. Soprattutto se da una delle due parti vengono costretti i più deboli, quelli che hanno più bisogno. In questa Italia con caratteristiche meno solidali di un tempo, in questa Europa dove il filo spinato sembra prendere piede con un’idea sbagliata di protezione sociale, in quest’epoca dove troppe volte si difendono gli interessi di pochi calpestando i diritti delle moltitudini, signor Presidente noi usciamo fuori dalla metafora e le chiediamo di non costruire nuovi muri. Infine, torniamo alla questione “Autonomia”. Le resta quella delega, tra le altre, una delega che nello scenario che prima ho descritto ha tinte evidentemente verdi e nelle sue disponibilità appare come una scatola vuota o, se preferisce, come una delega alla ricerca di un senso anche se un senso non ce l’ha. Ascolti il nostro consiglio, noi in materia di consenso al 40% che nell’arco di qualche anno precipita sotto il 20% ce ne intendiamo. Non si identifichi completamente con le politiche leghiste. Alimenti la sua Autonomia politica e programmatica dal Partito momentaneamente più forte della sua coalizione. Sviluppi la delega assessorile all’Autonomia come uno strumento utile a lei nelle dinamiche politiche piemontesi e nazionali e utile al Piemonte nella dimensione europea. Sia lei Autonomo per primo, ci ascolti. E’ solo un consiglio ma sarà più semplice andare ad un’altra velocità avendo cura di non lasciare indietro nessuno e senza correre il pericolo di andare fuori strada alla prima curva.   

9 luglio 2019

Torino, Aula del Consiglio Regionale.

Il carcere

Sono intervenuto in Aula sulla relazione del Garante dei detenuti on. Bruno Mellano e ho colto l’occasione per esprimere alcuni giudizi e per soffermarmi su alcune vicende.

La premessa è nelle parole di Voltaire “Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando le condizioni delle sue carceri” che mi inducono a pensare che l’Italia è un Paese in continua emergenza considerato che non abbiamo da troppi anni una politica in grado di affrontare con una prospettiva di medio e lungo termine la situazione delle carceri. Alcuni dati: più di 55 mila detenuti ristretti nei 193 istituti di pena, fra questi 1/3 stranieri, in particolare dal Marocco, dalla Romania, dall’Albania e dalla Tunisia. Abbiamo migliorato il dato dell’affollamento nelle celle ma siamo sempre piazzati male, molto male, nelle classifiche europee circa i costi del sistema; impressionante il dato dei suicidi, circa 1 alla settimana, e critico quello della percentuale del personale non solo della Polizia Penitenziaria per il reinserimento dei detenuti nella società. Mi preoccupano particolarmente le problematiche strutturali dei 13 edifici piemontesi: da uno studio tecnico presentato recentemente sarebbero necessari circa 7 milioni di euro per il rispetto delle norme e per adeguare l’esistente alle esigenze minime. Ebbene, risultano essere  a disposizione per ciascuno degli istituti, non più di 10 mila euro, quindi il nulla.

Sui problemi del personale, in particolare della Penitenziaria, i mezzi di informazione hanno avuto modo di raccontare i disagi degli ultimi anni; sono assegnati in Piemonte 3463 soggetti in pianta organica ma in verità sono stati assegnati 2532 addetti di cui molti non utilizzati per distacchi, malattie, ferie o altri incarichi. Insomma, il sistema avrebbe bisogno di nuove assunzioni in tempi rapidi per evitare problemi anche nel garantire la sicurezza.

Di particolare interesse sono i problemi della sanità. Vale la pena sottolineare che mancano dati epidemiologici e molti servizi non sono garantiti. Inoltre è emerso che nel carcere, oltre a non essere garantito sempre il diritto alla cura, il rischio di ammalarsi è elevatissimo. Così come d’interesse è il lavoro come strumento di recupero: 16250 lavoranti di cui solo 2771 impegnati all’esterno delle mura in lavori socialmente utili con imprese, cooperative e Amministrazioni Pubbliche. E’ provato che l’aumento dell’impiego esterno garantisce un reinserimento sociale più efficace e diminuisce il rischio di recidiva.

Infine, ho voluto porre l’accento sul tema dell’ergastolo ostativo con le parole di Gaetano Silvestri,  Presidente Emerito della Corte Costituzionale: “  Non è una pena di morte, ma una pena alla non vita, una condanna perpetua ad essere privato della propria natura. Una siffatta condizione pone l’individuo in una situazione talmente deteriore da compromettere il valore supremo della dignità della persona. Lo spirito di vendetta non ha copertura costituzionale”.

Stiamo parlando di oltre 1100 ergastolani che non avranno mai, perlomeno fino alla morte, la possibilità di uscire dal carcere e non potranno mai godere di alcun beneficio nemmeno grazie alla buona condotta. Mi sono permesso di porre questo tema non per “buonismo” che, come sanno le persone che meglio mi conoscono, non mi appartiene. L’ho fatto nonostante la consapevolezza che in tempi di terrorismo internazionale e di perdurante aggressività delle organizzazioni criminali di stampo mafioso la reazione popolare, più che comprensibile, non può che essere sfavorevole.

L’ho fatto perché esiste un piano etico e giuridico, fattore che tiene fede ai valori posti a base della nostra civiltà. Mi interessa uno Stato giusto, che vale molto più di uno Stato moderno.