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600 Parlamentari? Sono ancora troppi.

NOI VOGLIAMO ANCHE LA LUNA.

Cerchiamoci negli interventi di ieri, ci troveremo e ritroveremo parte delle risposte al nostro bisogno di giustizia sociale, ma solo parte. Condivideremo le ragioni che hanno determinato la riduzione del numero di Deputati e Senatori della Repubblica. Erano troppi 900 ma, pensiamoci, sono troppi anche 600, ne bastano meno, dieci per Regione sono sufficienti. Vi invito a promuovere subito sui social una campagna per ridurre non solo di altre 400 unità il numero dei Parlamentari ma anche il loro stipendio per adeguarlo alla media del reddito pro capite degli italiani: 21 mila 804 euro. E vi prego, non fermiamoci. Con azioni popolari obblighiamo gli attuali componenti il Parlamento ad equiparare i vitalizi, attuali e futuri, alle pensioni “minime”. Chiediamo con forza la riforma dei Consigli Regionali per ridurre ancora, e drasticamente, i costi della politica. Vi propongo di trasformarli in Consigli regionali dei Sindaci, ovvio, senza indennità e rimborsi spese. E non dimostriamo timori nel rivendicare con determinazione la bontà dell’abolizione definitiva delle Amministrazioni provinciali. Battiamoci per questo perché, nel guado in cui sono, le Province possono risorgere. E non palesiamo mitezza, apriamo il varco alla proposta di dimezzamento del numero di consiglieri e di assessori comunali e chiediamo che in Italia solo i sindaci dei capoluoghi di provincia possano ricevere un rimborso spese non superiore al reddito di cittadinanza. A quel punto potremo andare oltre chiedendo la gratuità di tutte le nomine di natura politica, tutte. Ottenuto tutto questo fermiamoci perché non potremo fare altro. Per timore non elenco ciò che per fame di giustizia potremmo ancora ottenere tra finanza, economia e baronati di vario genere e natura; tuttavia saremo soddisfatti perché il colpevole lo avremo giustiziato e il colpevole, ca va sans dire, è la politica. E non importa se qualcuno sostiene e sosterrà che la politica è democrazia, non importa se i problemi non saranno risolti, se le ingiustizie continueranno ad aumentare. Non facciamoci abbindolare, non importa perchè il colpevole sarà definitivamente neutralizzato e staremo tutti meglio.

Università del Piemonte Orientale: il principio delle responsabilità e delle competenze.

Quando il Rettore e diversi dirigenti dell’Università del Piemonte Orientale rispondono alle osservazioni, o alle critiche, della politica locale con interviste e con una lettera pubblicata su un noto bisettimanale della provincia di Alessandria, io mi rallegro, non mi stupisco e non giudico. Mi spiego. Da sempre ho riguardo per le altrui responsabilità e competenze e per questa ragione considero quegli interventi appropriati oltre che utili ad un confronto pubblico anche quando l’esito dello stesso dovesse determinare rispettose posizioni differenti sul futuro della comunità alessandrina. Almeno per quanto mi riguarda ho chiaro che l’Ateneo ha strategie e obiettivi, non vi è dubbio, e sono facilmente individuabili perché contenuti in atti pubblici, basta leggerli per riconoscere le finalità del piano strategico, la programmazione e i relativi investimenti. Siccome in quei testi è possibile riconoscere anche la direzione verso cui tende il sistema universitario che insiste sulle province di Novara, Vercelli e Alessandria, io non intendo aggiungere alcun commento, per ora, oltre a quelli che già sono stati pubblicati. Non sono il detentore di alcuna verità ma il mio proposito è offrire (e lo farò assiduamente) un punto di vista sul futuro dell’Università del Piemonte Orientale perché coinciderà con il futuro della città di Alessandria, mia città di riferimento e capoluogo della provincia che per il secondo mandato rappresento nel Consiglio regionale del Piemonte. A tal proposito ricordo che le Regioni, con legge dello Stato, hanno un ruolo fondamentale e podestà legislativa in alcune attività universitarie non marginali quali, ad esempio, “gli interventi volti a rimuovere ostacoli di ordine economico e sociale per la concreta realizzazione del diritto agli studi”. Tali interventi riguardano ad esempio “le mense, gli alloggi, i trasporti, i corrispettivi monetari, l’assistenza sanitaria, le borse di studio”. E questo è esattamente il principio della mia competenza e della mia responsabilità che mi coinvolge e che non delego a nessuno, tantomeno al rispettabilissimo componente il Consiglio di Amministrazione della cui prossima nomina, preciso (questo sì), sono disinteressato. Per la mia città e il mio territorio voglio e posso chiedere di più e non si offenda nessuno perché è il mio ruolo che lo impone. Ma ciò che più importa è poter discutere perché gli assenti, suvvia siamo onesti, questa volta non sono giustificabili.

MORTALITA’ IN FRASCHETTA (Zona di Alessandria)

GLI “STATI MORBOSI MAL DEFINITI” IN FRASCHETTA SONO IL 236,6% IN PIU’ RISPETTO AL PIEMONTE. COSA SONO, MA SOPRATTUTTO, PERCHE’?



Quali sono le ragioni per cui uno studio sulla mortalità della Fraschetta pubblicato qualche mese fa dall’ASL AL presentava alla voce “Stati morbosi mal definiti” +236,6% rispetto alle cause di morte in Piemonte e +126,2% rispetto alla Provincia di Alessandria?

In Fraschetta si muore per alcune cause specifiche: di melanoma con una percentuale del 75,2% in più rispetto alla mortalità piemontese e del 85,3% in più rispetto a quella provinciale alessandrina. Si muore di tumore al rene con una percentuale del 55,5% in più rispetto al dato piemontese e del 62,8% in più rispetto a quella provinciale. Si muore di malattie reumatiche croniche con il 74% in più rispetto al Piemonte e con il 61,7% in più rispetto alla provincia. Si muore di asma con una percentuale del 73,4% in più rispetto alla percentuale piemontese e del 45,6% in più rispetto a quella provinciale. Sono dati non nuovi, perché pubblicati ormai mesi fa, ma che impongono nella loro drammaticità una rinnovata attenzione dei decisori pubblici. Ho l’impressione però che sia necessario un ulteriore approfondimento, e mi spiego. Facciamo un passo indietro: lo studio in premessa suddivide in “Grandi gruppi di causa di morte” alcune voci e stila una classifica: in Fraschetta, in questa triste classifica, il 32,7% muoiono di tumore, 8% di malattie dell’apparato respiratorio e il 6,7% di stati morbosi mal definiti. La domanda è: perché quest’ultima voce rappresenta +236,6% rispetto alle cause di morte in Piemonte e +126,2% rispetto alla Provincia di Alessandria
Intanto di cosa parliamo? In rete si trova la seguente definizione: “Lo “stato morboso mal definito in caso di morte” è una classificazione internazionale definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e corrisponde ai precisi codici identificativi”.
Quando viene usato? Dal più noto motore di ricerca on line emerge: “Quando nessuna diagnosi più specifica può essere formulata anche dopo che tutti gli elementi relativi al caso sono stati esaminati. Quando i segni o i sintomi presenti alla prima visita si rivelano transitori senza che sia stato possibile individuarne l’origine. Quando i pazienti sono trasferiti altrove prima che sia stata formulata una diagnosi. Quando si desidera evidenziare indagini o trattamenti precedenti il momento della diagnosi. Quando si desidera indicare i sintomi che rappresentano un problema importante nel trattamento medico e che possono essere segnalati insieme alla diagnosi principale.”
Io non posseggo tutti gli elementi per giungere a conclusioni sulla ricerca Asl Al ma vorrei scongiurare congetture stravaganti. Per questo chiedo se qualcuno può rispondere alla seguente domanda: quali sono le ragioni che hanno generato questa evidente anomalia? Da parte mia, con sincero spirito di collaborazione, chiederò all’assessore regionale e alla sua struttura un aiuto per capire. Voglio precisare che la contrapposizione politica in questi casi non è di mio interesse.