DALLA PARTE DEI GIORNALISTI E DALLA PARTE DELLA LIBERTA’ (DI STAMPA)

Il caso “La Stampa” e gli “on-line di periferia”.

L’assemblea dei redattori de La Stampa nei giorni scorsi ha espresso contrarietà alla decisione della direzione dell’azienda di trasferire otto colleghi dalla redazione di Roma a quella di Torino. I redattori ritengono che “la mancata comunicazione ai singoli, l’assenza di un confronto sulle problematiche personali e professionali, rappresentano un fatto unico nella storia di un giornale come La Stampa”. Dal loro comunicato si apprende che l’azienda ha annunciato un sostanzioso taglio della foliazione, pericoloso per la qualità e gli orizzonti industriali del giornale, ha ribadito di essere interessata a perseguire la strada dei prepensionamenti, a un pesante taglio dei compensi relativi al lavoro domenicale e più in generale di voler introdurre ulteriori misure per il contenimento dei costi, ipotesi più volte respinte dalla redazione. Questa è la condizione in cui si trovano giornalisti con elevate competenze ai quali va tutta la mia solidarietà. La Stampa è un patrimonio nazionale e ancor più piemontese che ha redazioni molto efficaci in tutte le nostre province. Ogni eventuale depotenziamento vestito artatamente da razionalizzazione o efficientamento dell’intero sistema sarebbe una perdita per la libertà di informazione.

Questa è una realtà, ora mi dirigo verso un’altra realtà, parallela con una premessa per togliermi dall’imbarazzo di dover affrontare eventuali polemiche: la politica è brutta e cattiva, non è indipendente ed è un problema per tutti. Bene, posso continuare a scrivere.

Gli amici che mi seguono (bontà loro) sanno che ho deciso di approfondire tutte le dinamiche che regolano la libertà di stampa nelle tante periferie. Lo faccio perché ritengo interessante conoscere questo spazio di democrazia. Quanto incide nella formazione delle opinioni una moderna comunicazione on-line? Secondo un giornalista il suo sito conta 300 mila contatti – mese: una enormità se teniamo in considerazione il fatto che si tratta un canale informativo dedicato principalmente ad uno solo dei sette centri zona della provincia in cui abito. Secondo me esagera, provo ad immaginare che 3000 persone al mese davvero interessate a leggere una notizia su quel giornale on-line siano abbastanza. Comunque queste vanno moltiplicate per gli innumerevoli giornali on-line che operano in un territorio periferico, alcuni fra questi con coperture molto capillari e con un numero di utenti potenzialmente più alto. Dal mio osservatorio una notizia on-line è una notizia come tutte le altre, perché ritengo che un sito informativo ben confezionato è riconosciuto dal “navigatore medio” attendibile tanto quanto altre fonti giornalistiche televisive o cartacee, blasonati. Ecco il punto: in linea di massima sono evidenti i soggetti imprenditoriali proprietari dei media nazionali. Addirittura se l’analisi si sposta sulle emittenti televisive l’editore di riferimento è anche lo Stato. Stessa evidenza mi pare di riscontrarla nei giornali on-line che hanno una dimensione almeno regionale o con base, o lettori, in città di grandi dimensioni. Quindi, in molti casi, è fin possibile leggere tra le righe sia l’indipendenza che i giusti e sopportabilissimi condizionamenti compatibili con una democrazia adulta.

Ma nelle periferie dell’on-line chi scrive le notizie, chi sceglie la linea editoriale, chi ha la responsabilità del contenuto di ciò che pubblica, è davvero indipendente dai tanti interessi pur legittimi della politica, delle Istituzioni, delle rappresentanze economiche e sociali, di categorie dell’imprenditoria? La domanda è: siccome tutti si dichiarano indipendenti, come si “legge” il sistema, non tanto nel rispetto delle regole della pubblicità, ma nell’indipendenza o nel legame che il giornalista (spesso proprietario del sito ed editore con pochissimi collaboratori occasionali) ha con il resto del mondo in cui vive?