La sinistra in Spagna, Portogallo e Grecia

IN EUROPA NON CI SONO SOLO SALVINI, ORBAN, LE PEN (DA UNA PARTE) E( DALL’ALTRA) L’ASSE FRANCO TEDESCO.

Nel PD ci siamo chiusi in un dibattito stretto nelle nostre mura e non riusciamo a guardare oltre l’Italia. Quando va bene riceviamo notizie sul futuro dell’Europa e su ciò che capita negli altri Stati attraverso punti d’osservazione distanti. E l’Europa pare essere diventata il campo della sfida dei nazionalisti contro le politiche d’austerity e del rigore che a noi sono arrivate con il fetore degli interessi dei mercati, delle banche e delle multinazionali. La narrazione comune, quella dei punti d’osservazione distanti, ci offre uno scenario in cui da una parte ci sono Salvini, Le Pen, Orban con il popolo e dall’altra uno scricchiolante asse franco tedesco che pare non essere più in grado di reggere l’urto anti europeista. In questa storia pare non esserci più uno spazio di rappresentanza sociale per la Sinistra, direi senza aggettivi, ma se aiuta li aggiungo: moderata o socialista o progressista o radicale. Parrebbe non esserci abbastanza ossigeno per una risposta ai bisogni del popolo che sia diversa dal crescente nazionalismo di destra che provenga da sinistra. Eppure c’è dell’altro nell’Europa mediterranea. Ho dedicato 3 ore e mezza ad un dibattito serale in Alessandria organizzato presso la Casa di Quartiere ad ascoltare le esperienze di governo in Spagna, in Portogallo e in Grecia. Anticipo che ho ascoltato per tre ore, poi ho chiesto la parola. In collegamento via skype da Lisbona Goffredo Adinolfi, corrispondente in Portogallo de Il Manifesto, ci ha raccontato i buoni risultati del Governo socialista. Poco più di cinque anni fa il Portogallo era stato costretto a chiedere il salvataggio della Troika per evitare il fallimento. Un’inversione di marcia che ha portato parecchi osservatori internazionali a vedere nella piccola nazione affacciata sull’Oceano Atlantico un esempio che tutta la sinistra potrebbe seguire. Perché la crescita coincide con l’arrivo al potere di Antonio Costa, il leader del partito socialista eletto al grido di “basta austerità”, che dopo due anni di governo ha addirittura aumentato i consensi evitando che a Lisbona i delusi dalla politica potessero farsi attirare dalle sirene del cosiddetto populismo, come invece sta avvenendo nel resto d’Europa.

In sala era presente Joan Miquel Mena Arca , deputato spagnolo di Podemos che ha raccontato l’azione del governo di Pedro Sanchez che, pur tra mille difficoltà e contraddizioni, ha restituito l’orgoglio d’appartenere alla sinistra.

Al suo fianco era seduto Argiri Panagopulos, giornalista e attivista di Syriza, il partito di Alexis Tsipras che ha raccontato che il prodotto interno lordo della Grecia nel 2017 è cresciuto di quasi 1.5% rispetto all’Italia, nel frattempo hanno riaperto gli ospedali riportando sotto il Sistema Sanitario Nazionale 2 milioni di abitanti, assunto medici e infermieri.

Il tratto che unisce queste tre esperienze è il passaggio dalla protesta alla proposta unendo la sinistra. Una sinistra che torna ad essere utile, un punto di riferimento per le persone, tutte le persone, è vero, ma soprattutto quelle più in difficoltà, quelle che hanno pagato il prezzo più alto della crisi. Una sinistra con più sigle, con storie differenti, certamente non un monolite, ma una sinistra unita da un programma di governo dove nessun partito vuole l’egemonia nella coalizione. Una sinistra di popolo per la salute, per i servizi pubblici garantiti, per la redistribuzione del reddito e per la lotta alla corruzione e all’evasione fiscale. Una sinistra spagnola, portoghese e greca in difficoltà perché è complicato rispondere alla semplicità del messaggio diffuso con il ghigno cattivo delle destre, ma sinistre che credono in una Europa diversa, una Europa per il popolo, una Europa che protegge. Sinistre coraggiose che vanno in mare a salvare le persone. Quelle sinistre hanno paura che in Italia il PD non serva più e che la protesta rimanga tale e non si trasformi in proposta, in rappresentanza sociale, politica e poi Istituzionale. Sanno che per vincere la sfida hanno bisogno dell’Italia, non quella di Salvini e nemmeno quella sotto dettatura della troika. Io sono e resto un uomo del PD ma una discussione approfondita proviamo a farla andando oltre le nostre mura? Verso la fine ho chiesto la parola. Mi sono presentato, molti non mi conoscevano. Ci siamo scontrati, abbiamo anche alzato la voce. Ho detto loro che non potremo mai dialogare se ci considerano al pari delle destre. Ho perso le staffe quando mi hanno detto che il giorno dopo avrebbero partecipato alla manifestazione NO TAV e che loro sono contro il Terzo Valico. Ho perso le staffe perché bisogna discutere di come utilizzare quelle grandi opere (la proposta) perché la piazza che manifesta “contro” è fuori dal tempo (la protesta). Mi hanno risposto che non devo toccare le loro bandiere. Poi, prima di uscire, mi hanno stretto la mano e uno di loro mi ha chiamato – compagno -. A me basta.