IL SALONE DEL LIBRO E’ PROPRIETA’ DELLA COMUNITA’ DEI LETTORI

“Il Salone del libro non è del PD o del M5S ma della straordinaria comunità dei lettori. La Regione da sempre è protagonista insieme al Comune di Torino, una collaborazione che ha reso possibile il crescente successo di questa manifestazione culturale. In tutte le istituzioni in cui è presente il PD ha sempre lavorato per garantirne il successo, le idee sul futuro del Salone non mancano, andranno valutate nelle sedi proprie; le dichiarazioni del Presidente Chiamparino meritano rispetto e approfondimento per questo organizzerò presto un incontro con il gruppo regionale e comunale del PD insieme alla Giunta regionale per affrontare la questione

Hospice Monsignor Zaccheo

Domenico Ravetti (Pd): “Hospice Monsignor Zaccheo: assicurati tempi e risorse per la manutenzione e la messa in sicurezza”

 

Torino – 8 maggio 2018 –  “Nella seduta di oggi del Consiglio regionale ho firmato l’emendamento presentato dal collega Gian Luca Vignale al “Programma di interventi in edilizia sanitaria” per la manutenzione straordinaria e la messa in sicurezza dell’Hospice Monsignor Zaccheo del Presidio Ospedaliero Santo Spirito di Casale Monferrato” ha spiegato il Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale Domenico Ravetti.

 

“L’emendamento” ha spiegato Ravetti “è stato utile per condividere la posizione dell’Assessore alla Sanità Antonio Saitta che ha letto in Aula il cronoprogramma dei lavori e la copertura dei costi degli interventi”.

 

“Nel dettaglio” ha concluso il Presidente Ravetti “il progetto esecutivo sarà consegnato entro il 30 giugno 2018, il completamento della procedura di gara entro il 31 gennaio 2019, mentre il termine dei lavori è previsto per il 31 dicembre 2019. I fondi sono assicurati con l’accantonamento sul bilancio dell’Asl di Alessandria, con l’impegno nella previsione di Bilancio 2019 della Regione e sono integrati con l’importante raccolta fondi attivata in questi giorni dalla Dottoressa Daniela Degiovanni e dall’intera comunità casalese”

All’Italia serve un Governo, al PD un congresso

Fosse Politica ci troveremmo di fronte ad uno scenario chiaro con tre piste possibili: nessun Partito e nessuna coalizione hanno i numeri per formare un Governo per cui (1) o si procede con patti tra soggetti che il 4 marzo sono stati in competizione tra loro o (2) tutti, nessuno escluso, sostengono un Governo Istituzionale per un anno (o due) con punti programmatici decisivi per il Paese oppure (3) si torna subito al voto. I panettieri Di Maio e Salvini aprono e chiudono “i forni” del dialogo con la leggerezza dei passi di una etoile della danza. In un primo momento sembravano pronti a fare insieme le trecce, poi non si sono più guardati in faccia come i fidanzati delusi. Però, attenzione, dato che il feeling programmatico esiste davvero, i due potrebbero nuovamente tentare la liaison.

Nella pista 1 resta intera, anche se con qualche crepa, l’ipotesi del “Governo di minoranza” cioè di un Esecutivo (pentastellato o di centrodestra) a cui verrebbe garantito il sostegno con voti a favore o con l’astensione sui singoli provvedimenti legislativi. In poche realtà Europee per qualche tempo ha funzionato ma, se mi è concesso un giudizio, qui da noi non funzionerebbe per scarsa attitudine alla Buona Politica.  La pista 3 è quella praticabile e per me quella giusta, o forse quella che ci meritiamo, ma a patto che qualcuno, rebus sic stantibus, approvi una legge elettorale con un premio di maggioranza alla coalizione che arriva d’avanti alle altre. La “questione”, per usare parole desuete, è il PD e lo spazio che gli viene riservato dagli elettori, non quello che i dirigenti vorrebbero. Fosse politica. Ma non ne sono certo. Dobbiamo capirci sul titolo del tema perché c’è una differenza sostanziale tra Renzi e Il dopo Renzi. Se è Renzi il titolo, lo svolgimento più o meno è chiaro, si può essere favorevoli o contrari ma il tracciato riformista e autonomo, almeno dal resto della sinistra, lo conosciamo. Se il titolo è Il dopo Renzi, facciamo attenzione perché nulla è chiaro. Intanto servirebbe un congresso vero, non una conta delle tessere o degli elettori, sempre meno, delle Primarie. Un congresso servirebbe per definire la linea politica, si diceva un tempo, le alleanze e la leadership. Ma se è Renzi il titolo, sia Renzi a ricandidarsi a Segretario Nazionale, non un suo insipido surrogato. Se è Il dopo Renzi, al suo segnale scatenate il congresso.