All’Italia serve un Governo, al PD un congresso

Fosse Politica ci troveremmo di fronte ad uno scenario chiaro con tre piste possibili: nessun Partito e nessuna coalizione hanno i numeri per formare un Governo per cui (1) o si procede con patti tra soggetti che il 4 marzo sono stati in competizione tra loro o (2) tutti, nessuno escluso, sostengono un Governo Istituzionale per un anno (o due) con punti programmatici decisivi per il Paese oppure (3) si torna subito al voto. I panettieri Di Maio e Salvini aprono e chiudono “i forni” del dialogo con la leggerezza dei passi di una etoile della danza. In un primo momento sembravano pronti a fare insieme le trecce, poi non si sono più guardati in faccia come i fidanzati delusi. Però, attenzione, dato che il feeling programmatico esiste davvero, i due potrebbero nuovamente tentare la liaison.

Nella pista 1 resta intera, anche se con qualche crepa, l’ipotesi del “Governo di minoranza” cioè di un Esecutivo (pentastellato o di centrodestra) a cui verrebbe garantito il sostegno con voti a favore o con l’astensione sui singoli provvedimenti legislativi. In poche realtà Europee per qualche tempo ha funzionato ma, se mi è concesso un giudizio, qui da noi non funzionerebbe per scarsa attitudine alla Buona Politica.  La pista 3 è quella praticabile e per me quella giusta, o forse quella che ci meritiamo, ma a patto che qualcuno, rebus sic stantibus, approvi una legge elettorale con un premio di maggioranza alla coalizione che arriva d’avanti alle altre. La “questione”, per usare parole desuete, è il PD e lo spazio che gli viene riservato dagli elettori, non quello che i dirigenti vorrebbero. Fosse politica. Ma non ne sono certo. Dobbiamo capirci sul titolo del tema perché c’è una differenza sostanziale tra Renzi e Il dopo Renzi. Se è Renzi il titolo, lo svolgimento più o meno è chiaro, si può essere favorevoli o contrari ma il tracciato riformista e autonomo, almeno dal resto della sinistra, lo conosciamo. Se il titolo è Il dopo Renzi, facciamo attenzione perché nulla è chiaro. Intanto servirebbe un congresso vero, non una conta delle tessere o degli elettori, sempre meno, delle Primarie. Un congresso servirebbe per definire la linea politica, si diceva un tempo, le alleanze e la leadership. Ma se è Renzi il titolo, sia Renzi a ricandidarsi a Segretario Nazionale, non un suo insipido surrogato. Se è Il dopo Renzi, al suo segnale scatenate il congresso.