IL CARCERE

Alle 8,30 sono arrivato al cancello della Casa di Reclusione “San Michele”, ho consegnato la carta di identità e il tesserino da Consigliere Regionale all’agente al block house che già sapeva del mio arrivo. Mi ha indicato la porta di accesso allo spaccio, lì il responsabile degli educatori mi aspettava per accompagnarmi in Direzione. Solo che lo spaccio sa di bar e allo spaccio la vita attorno ai tavoli assomiglia molto a quella dei nostri paesi e delle nostre città. Anche negli uffici della Direzione sembra di stare in uno dei tanti uffici periferici dello Stato, con un grosso tavolo per le riunioni attorno al quale la gentilissima dottoressa Elena Lombardi Vallauri mi ha raccontato la sua esperienza, i numeri dei detenuti (300) e degli agenti (180), i problemi e anche le potenzialità di un carcere.  Ho raccolto stanchezza ma non rassegnazione, ho annotato il senso delle sue parole sulle criticità ma non ho mai percepito da parte sua arrendevolezza. Mi ha parlato del progetto Agorà che sarà il secondo in Italia, cioè di uno spazio fisico per la socializzazione dei detenuti con criteri differenti dalla compressione all’interno di spazi troppo stretti. Un bell’incontro, con una narrazione fluida che mi restituiva l’immagine di quello che di lì a poco avrei davvero visto. Con il responsabile degli educatori e alcuni Agenti della Penitenziaria, fra questi alcuni amici, ho finalmente varcato la soglia della costrizione lasciandomi alle spalle lo spazio delle libertà. Il paradosso che offre San Michele dietro le mura è lo spazio recintato con i giochi per i bambini. Ai piedi di blocchi di cemento lunghi centinaia di metri – e alti 6 o 7 – sono stato accolto da un parco giochi con scivoli e altalene per i bimbi che vanno a trovare i papà reclusi. Che io non so se è giusto, non è il mio mestiere quello dello psicologo, ma ho provato un forte senso di disagio per quella normalità forzata. Poi cambia il mondo. C’è un’altra soglia da varcare che è ancora più ardua della prima ed è quella delle porte a più mandate che precedono i blocchi di grate e cemento. E quello è un mondo a parte. L’incrocio degli sguardi con i detenuti è cosa poco semplice per chi viene da fuori. Anche quando loro sono in gruppo che imparano a cucinare o nei laboratori d’arte, nelle aule della didattica, anche in quelle dell’università. E poi le celle. Saranno pure a norma ma sono troppo piccole per vivere una vita lì dentro. Quello spazio a casa mia lo riservo alle scope, alle scarpe e ai detersivi. A San Michele nelle celle ci stanno due persone ma una sopra all’altra. Forse se lo meriteranno pure di vivere in quelle condizioni per quello che hanno fatto ma non chiamiamolo “albergo”. E nel bagno, se si può chiamare bagno, trovano spazio un po’ di generi alimentari che non stanno altrove. Mi mancava l’aria, io sono fatto così, negli spazi stretti soffro, e mi è mancata ancor di più quando ho riconosciuto, in verità non subito, un detenuto “famoso” con la camicia e le iniziali cucite addosso che passandomi a fianco mi ha invitato ad alta voce a salutare un politico di rango nazionale. Dentro quelle mura sono reclusi detenuti con più di 5 anni di pena, più di 60 collaboratori di giustizia, una decina di ergastolani; in tutto sono circa 300. Sono uscito fuori, poi ancora fuori, poi ancora fuori, ed infine ho recuperato i documenti all’ingresso e sono andato a visitare la Casa Circondariale “Cantiello Gaeta” detta comunemente Don Soria che è in centro città di fronte all’ospedale Santi Antonio e Biagio. Il Don Soria è un ex  convento dei Frati Minori Cappuccini, una costruzione che da fuori non permette di capire cosa c’è davvero dentro. Dentro ci sono altri 300 detenuti, altri 180 Agenti della Penitenziaria, ristretti in un girone dantesco che potrei consigliare ad un regista alla ricerca di una location per film ambientati all’inferno. Ho incontrato il Comandante degli Agenti che è stato chiaro, professionale, un Uomo dello Stato pronto a risolvere tutti i problemi, anche quelli per i quali non esistono soluzioni se non l’assunzione finale delle colpe. Mi hanno accompagnato oltre una zona definita “le quattro colonne”, una sorta di anticamera della galera, quella vera, dove il buio vince sulla luce anche a mezzogiorno, dove i volti degli uomini sono appoggiati alle sbarre che dividono lo spazio dei liberi dallo spazio dei prigionieri, dal respiro delle guardie al respiro dei ladri, in una incivile convivenza che io vorrei fosse diversa. Per questo ho chiamato subito il Prefetto di Alessandria. Io vorrei che i lavoratori che ho visto oggi in divisa si sentissero meno soli, vorrei che, per garantire sicurezza ai cittadini, lo Stato garantisse sicurezza a loro e per primi. Presto le organizzazioni sindacali saranno ricevute dalla Dottoressa Tafuri che in rappresentanza del Governo e con la Sua determinazione sono certo saprà tendere una mano in segno di aiuto.

Insieme per il riconoscimento dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico e per l’apertura del Dipartimento Universitario di Medicina e Chirurgia

Ravetti: “Chiedo a tutti i Comuni di votare una mozione per sostenere questi obiettivi strategici per il futuro.

Sul futuro del sistema sanitario in provincia di Alessandria sono a conoscenza di iniziative politiche che hanno il gusto del pretesto per anticipare i tempi della campagna elettorale in vista delle Regionali 2019. Io non voglio partecipare a questa bagarre.

Sono davvero dispiaciuto per l’atteggiamento di qualche Partito e di alcuni dirigenti della locale Politica che calcano da decenni il palcoscenico con risultati spesso definiti “poco lusinghieri” e su cui non mi soffermo per decenza. La contrapposizione anche dura è nella natura del dibattito tra parti politiche avverse ma arriva sempre un momento in cui gli interessi dei cittadini devono prevalere su tutti gli altri interessi. Constato che anche in questo caso non si è voluto con calma scegliere la strada faticosa dello studio e dell’analisi ma la scorciatoia dello scontro che ha generato confusione. Per me, per molti fra noi, l’obiettivo è semplicemente quello di migliorare il sistema rendendolo più adatto alle esigenze della nostra comunità.

Esiste un problema organizzativo nel sistema sanitario che va affrontato pur con opinioni differenti. Ma il fatto più importante è che sono alla nostra portata alcuni obiettivi che potrebbero cambiare in positivo la storia dei nostri territori. Per questo sono convinto che una classe dirigente all’altezza deve dividersi al tempo delle elezioni ma non dovrebbe dividersi almeno sul riconoscimento dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico e sull’apertura del Dipartimento Universitario di Medicina in Alessandria. Io voglio andare oltre le polemiche Politiche in cui qualcuno ci vuole infilare. Per questo ho chiesto agli Amministratori Comunali della provincia di Alessandria di valutare argomenti d’attualità molto lontani dalle campagne elettorali: per sostenere con forza il riconoscimento dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico  e l’avvio dei corsi di Medicina in Alessandria, ho proposto di votare in tutti i Consigli Comunali una mozione che, una volta approvata, può essere inviata al Governo nazionale, alla Regione Piemonte, al Presidente dell’Assemblea provinciale dei Sindaci dell’Asl Al e ai Consiglieri Regionali della provincia di Alessandria. Un paio di Amministrazioni Comunali nel recente passato hanno votato un documento solo in parte simile, ora credo sia arrivato il tempo di fare squadra tutti insieme. A tutti i Sindaci ho inviato una bozza di mozione da integrare o modificare come ritenuto più opportuno.

Quattro piste per il Gruppo del PD

Dovremo seguire almeno 4 tracce di lavoro: Nei lavori del Consiglio Regionale e delle Commissioni definendo insieme alla Giunta un Piano Strategico di fine mandato. Mi è stato chiesto come intendo impostare il mio rapporto con la Giunta; ho risposto che la maggioranza dei componenti la Giunta e il Presidente Chiamparino sono iscritti a questo gruppo e se ci saranno argomenti su cui varrà la pena attivare analisi e approfondimenti li attiveremo. E se su alcune scelte il Gruppo, o parte di esso, maturasse posizioni differenti da quelle degli Assessori, nel rispetto dei ruoli e delle responsabilità, mi impegnerò a cercare un terreno comune di condivisione; non cercheremo, ancor più in questo anno, relazioni politiche strumentali. Sarà un dialogo serrato sul punto. Non sposteremo mai il tempo delle decisioni; questo che affronteremo sarà un tempo nuovo, quello del cammino ancor più partecipato. Nella relazione con i piemontesi, dopo il lungo periodo di risanamento anche attraverso il complesso il sistema di riforme che abbiamo attivato, il “nuovo inizio” parte ora. Ho chiesto ai miei colleghi di tornare con passione nei territori non solo per spiegare quello che abbiamo fatto, ma per restituire armonia nei luoghi dove siamo stati conflittuali, per raccogliere spunti e riflessioni, per segnare rotte utili al Piemonte del 2024. Nella relazione con il Partito regionale perché noi non siamo un’articolazione estranea alle scelte del PD del Piemonte. Fino a ieri con Davide Gariglio, per ovvie ragioni, è stato molto più semplice partecipare ai lavori del Partito. Ora noi avremo bisogno di strutturare diversamente il rapporto. Ma non sarà solo un obiettivo di natura organizzativa; facciamo attenzione, il Partito rischia di piegarsi su sé stesso alla ricerca di una forma nuova, spero non nei soliti riti stanchi dei conteggi delle tessere oppure, peggio, nelle derive di un casting mediatico funzionale solo a filiere per i leader. Noi qui abbiamo dimostrato coesione, responsabilità, passione, coraggio, rispetto, tutti fattori che possiamo mettere a disposizione della nostra comunità politica. Nella costruzione della nuova coalizione a partire dal rapporto con i nostri alleati evitando atteggiamenti di inspiegabile autosufficienza. Vivremo questa stagione con umiltà ma non con rassegnazione. Abbiamo sbagliato, perso, ci siamo smarriti ma noi siamo ancora qui. Siamo consapevoli d’essere i rappresentanti istituzionali in Piemonte del più grande progetto riformista italiano ed europeo. Aiuteremo il Partito ad essere perno di una coalizione nuova, più forte, originale e lo faremo con innovazione programmatica.  Io dovrò muovermi su questo terreno con alcune convinzioni, prima fra tutte quella che non potrò correre sempre lungo la linea tracciata nel passato perché vivremo altri momenti, li interpreteremo in condizioni diverse.